Accusato di omicidio, chiesto l’abbreviato

Pasquale Concas è indagato per aver ucciso l’avvocato Elena Morandi, e aver poi inscenato un suicidio. I legali: "Un tragico incidente"

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Secondo l’accusa è un killer seriale cinico e crudele che avrebbe ucciso le sue vittime a scopo di rapina per poi inscenare un incidente o, ancor peggio, il suicidio delle stesse. Sarà giudicato con rito abbreviato il magazziniere 51enne sardo Pasquale Concas, indagato per la morte dell’avvocato civilista Elena Morandi, trovato cadavere nella sua abitazione a seguito di un incendio a fine settembre 2017. Ieri, nel corso dell’udienza preliminare, i legali dell’imputato, gli avvocati Marco Pellegrini e Roberto Ricco hanno appunto chiesto l’interrogatorio per Concas, previsto per il 24 settembre e il processo con rito abbreviato: il 26 ottobre sono previste la discussione e la sentenza. "Abbiamo chiesto il giudizio abbreviato sul presupposto di una indagine completa, che a nostro avviso dimostra come la compianta Collega Elena Morandi sia stata vittima di un tragico evento fortuito – affermano i legali. L’unico punto sul quale ci siamo confrontati in udienza è stata la presenza di una relazione criminologica che il Giudice ha dichiarato, in quanto tale, inutilizzabile". Ricordiamo che Concas è stato recentemente condannato in appello a vent’anni di carcere per l’omicidio della prostituta ungherese di 24 anni Arietta Mata, trovata morta a gennaio 2018 lungo il tratto ferroviario di Gaggio. Ma l’imputato aveva già scontato una condanna per l’omicidio di Loredana Gottardi, anziana uccisa a Olbia negli anni novanta. Dunque, secondo gli uomini della mobile che si sono occupati delle indagini, il sardo si sarebbe macchiato di un terzo terrificante delitto, quello della donna con la quale aveva iniziato una frequentazione. Elena Morandi era stata trovata morta nel suo appartamento di via Boccabadati il 24 settembre del 2017. Secondo le indagini Concas, con il vizio del gioco quella notte avrebbe provocato la morte per asfissia della vittima per riuscire a sottrarle trecento euro e il pc, per poi appiccare il fuoco nei pressi della testata del letto della donna, nel tentativo di simulare la morte accidentale. L’uomo si sarebbe approfittato dello stato di ubriachezza della vittima, che la rendeva ancora più fragile e comunque non in grado di difendersi da quello che riteneva il suo compagno. Da qui le accuse di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dallo stato di minorata difesa della donna, rapina aggravata e incendio appunto. Gli investigatori ipotizzarono subito che la donna non fosse stata realmente vittima di un incidente domestico: ad incastrare l’uomo, secondo gli uomini della mobile, all’epoca diretti da Marcello Castello, anche la scarsa conoscenza delle reazioni chimiche: Concas avrebbe chiuso porte e finestre pensando così di accelerare il processo di combustione; ma togliendo al contrario ossigeno all’incendio. Questo aveva permesso ai pompieri di intervenire repentinamente nell’appartamento dell’ex avvocato; trovando l’abitazione invasa dal fumo ma non da quelle fiamme che forse avrebbero cancellato ogni traccia utile alle indagini. Concas si è sempre dichiarato innocente.

v. r.