"Addio a De Mita, politico lungimirante"

Il ricordo di Emilio Sabattini: "Lo conobbi quando ero segretario provinciale della Dc. Capì in anticipo la crisi dei partiti"

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di Roberto Grimaldi

Parlare di lui significa riavvolgere il nastro e tornare ai tempi di quella che è stata chiamata Prima Repubblica. Ciriaco De Mita, morto ieri a 94 anni, era l’ultimo degli esponenti della Democrazia Cristiana, la balena bianca, il grande partito che ha caratterizzato il governo del Paese nel dopoguerra, almeno fino a tangentopoli.

Tra i modenesi che lo hanno visto da vicino c’è Emilio Sabattini, esponente della Dc e consigliere regionale prima di entrare nel Pd per continuare il suo percorso politico e assumere diversi incarichi, tra cui quello di presidente della Provincia.

Sabattini, quando ha conosciuto De Mita?

"Ho avuto modo di incontrarlo negli anni dall’83 all’88 in cui sono stato segretario provinciale della Dc, mentre lui era segretario nazionale".

Quante volte è venuto a Modena?

"Diverse volte, per incontrare la società civile della nostra provincia. Venne anche alla festa che organizzai io a San Prospero in occasione della mia elezione a consigliere regionale".

Che giudizio si è fatto di lui?

"Un grande politico, che fin da allora aveva capacità di visione. Capì per primo che si stava avvicinando una crisi politico-istituzionale, che poi sfociò in tangentopoli. Capì che occorreva cambiare le cose, sognava una politica più inclusiva, con i partite più aperti alla società civile".

Come lavorò a questo progetto?

"Scegliendo uomini nuovi per costruire un nuovo percorso. E con il senno di poi tutti abbiamo capito che aveva selezionato persone molto capaci: Romano Prodi, Sergio Mattarella e Roberto Ruffilli per esempio. Quest’ultimo purtroppo è stato assassinato dalla Br, ma aveva grandi idee e progetti. Gli altri due sono diventati rispettivamente presidente del consiglio e Presidente della Repubblica".

Il suo percorso si interruppe con tangentopoli?

"Sì, ma in quel periodo emerse anche il Partito Socialista, e all’interno della Dc c’erano correnti alternative molto forti, capeggiate da Andreotti, Forlani e Gava".

Oltre a scegliere uomini capaci in che modo voleva cambiare l’assetto dei partiti?

"Aprendoli all’esterno. Si inventò l’assemblea degli esterni, invitando agli incontri del partito membri della società civile. Alcuni di loro poi furono coinvolti ed entrarono nella Dc. Ma il confronto fu molto produttivo. Il tentativo era quello di eliminare il concetto di partito chiuso ed autoreferenziale. Un idea che andrebbe bene anche adesso".

Ha resistito nel tempo più degli altri

"Sì, non si è fatto rottamare. Nemmeno da Renzi quando era all’apice. Ricordo un confronto in televisione. De Mita gli disse, a proposito del nuovo a tuti i costi: ‘chi non ha memoria non ha futuro’. E uscì vincitore da quello scontro dialettico".

A 94 anni lavorava come sindaco del suo paese...

"Questo la dice lunga sull’uomo. Dopo tanti anni avrebbe avuto il diritto ad aspirare a una carica simbolica a di tutto riposo. Con grande umiltà si è rimesso in gioco. Perché la politica per lui era questo: spirito di servizio nei confronti della comunità".