L'arcivescovo: "I bimbi devono crescere con maschio e femmina"

Immigrazione e unioni civili al centro della Lettera alla città di monsignor Erio Castellucci

Erio Castellucci, vescovo di Modena

Erio Castellucci, vescovo di Modena

Modena, 26 gennaio 2016. “I bambini, per crescere e maturare, richiedono entrambe le figure parentali, maschio e femmina: è necessario mettere loro, come parte più fragile, al centro dell'attenzione e farne il perno dei 'diritti' anche quando si tratta dell'adozione”. E' uno dei passaggi della “Lettera alla città” che monsignor Erio Castellucci ha promulgato e presentato alla stampa oggi, a pochi giorni dalla solennità di San Geminiano, Patrono della diocesi (domenica 31). Nella Lettera (la prima che il nuovo arcivescovo rivolge ai modenesi, proseguendo una tradizione avviata già nel 1998 da monsignor Benito Cocchi) vengono affrontati vari temi sociali, fra cui immigrazione e unioni civili.

 

“L'essere umano prima delle categorie”, è il titolo della Lettera: monsignor Castellucci ricorda che “il sostantivo è più importante dell'aggettivo”, e quindi, prima di parlare di uomo o donna, cittadino o straniero, cristiano o musulmano, bianco o nero, povero o ricco, sano o malato, bisogna parlare dell'essere umano. Tutti sono persone, prima di essere una 'categoria'. E ricorda la Lettera ai Galati in cui San Paolo scriveva “Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c'è più giudeo o greco, non c'è più schiavo né libero: tutti voi siete uno in Cristo”. Gesù ha abbattuto i muri, e nelle prime comunità cristiane tutti si trovavano alla pari, chiamandosi fratelli e sorelle.

 

Sulla base di queste considerazioni, l'arcivescovo affronta i due temi sociali più 'caldi' di questi tempi, e sottolinea la necessità di “proteggere gli esseri umani più deboli e riconoscere loro uguali diritti”. Per quanto riguarda l'immigrazione, “occorre tenere presente la priorità dell'essere umano sullo 'straniero', specialmente quando è rifugiato”, scrive monsignor Castellucci. Dunque “va favorita l'inclusione o integrazione sociale, in un contesto di piena legalità e adesione alla Costituzione italiana e alle sue leggi”. Insomma, “La Città non può respingenre per principio chi viene da fuori, ma deve favorire (come sta facendo) un processo educativo che comporta l'alleanza tra istituzioni pubbliche e private, famiglie, scuole, parrocchie, volontariato”.

 

Sulle unioni civili, e sui temi collegati, come il gender o le unioni omosessuali, l'arcivescovo scrive che “è necessario comporre il riconoscimento dei cosiddetti 'diritti civili', in modo che non vi siano discriminazioni individuali”, ma aggiunge che vanno tenute presenti “le parti più deboli: la famiglia fondata sul matrimonio e i bambini”. Oggi – aggiunge l'arcivescovo – in alcuni casi la famiglia sposata appare socialmente penalizzata rispetto alle coppie conviventi: “Dai tempi antichi, invece, le legislazioni avevano favorito l'unione stabile tra un uomo e una donna, in vista dell'accoglienza ed educazione dei figli, e di una trasmissione ordinata del patrimonio: non quindi per motivi religiosi, ma per motivo sociali”. I bambini, poi, richiedono entrambe le figure parentali, maschio e femmina. “Esistono prima di tutto i diritti dei figli”, ha ricordato l'arcivescovo, commentando la Lettera. E ha concluso consegnando le sue riflessioni, “per un dibattito che non si limiti a dare voce a emozioni momentanee”.