Aemilia, sequestrato un patrimonio da dieci milioni al boss Muto

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A novembre dello scorso anno i carabinieri di Modena arrestarono quindici condannati per associazione mafiosa nell’ambito del maxiprocesso Aemilia. Tra questi anche i cugini Luigi e Antonio Muto che, secondo gli inquirenti, continuavano a intrattenere rapporti di stampo mafioso anche durante il processo. Ieri proprio ad Antonio Muto è stato sequestrato dalla Dia di Bologna, tra beni immobili e mobili, un patrimonio da dieci milioni di euro. Un duro colpo alla ‘ndrangheta se si pensa che Muto, classe 1955, condannato a 12 anni in abbreviato per associazione mafiosa nel processo Aemilia, quel denaro lo aveva ‘investito’ dopo aver gestito gli affari del clan anche nella nostra città. Antonio Muto, infatti, è ritenuto figura di spicco della cosca Grande Aracri: uno dei principali rappresentanti della ‘ndrangheta operante nel territorio emiliano, muovendosi tra Reggio, Parma, Modena e Piacenza, per conto della cosca di Cutro retta dal boss Nicolino, in carcere al 41 bis. Antonio, cugino di Luigi Muto finito come il parente dietro le sbarre, è stato indicato dal pentito Antonio Valerio come una addetto «alle pubbliche relazioni» e a lui sono risultate riconducibili – in maniera diretta o al suo nucleo familiare e parenti più stretti - ben 73 immobili tra case, capannoni, fabbricati e terreni situati in Emilia-Romagna. E poi ancora una società immobiliare, tredici autoveicoli e numeri rapporti bancari risalenti a filiali sparse su tutto il territorio emiliano e nazionale. Il provvedimento è stato emesso dal tribunale felsineo su proposta del direttore della Dia, il generale Giuseppe Govarnale. Si tratta di un sequestro preventivo (o meglio, anticipato) ai fini della confisca eseguito dagli uomini della direzione investigativa antimafia coordinati dal tenente colonnello dei carabinieri Aniello Mautone, capo sezione operativa di Bologna. Attendendo l’udienza di convalida, fissata per il prossimo 26 novembre nel capoluogo della regione Emilia-Romagna, è stato già incaricato un amministratore giudiziario che dovrà governare i beni. Il 64enne imprenditore si era trasferito nel 1977 dal crotonese alla provincia di Reggio dove lavorava nel settore edile e immobiliare. La sua ‘influenza’ era arrivata ben presto anche sotto la Ghirlandina con numerosi imprenditori finiti vittime di estorsioni e minacce.