Estorsione alla Alcar Uno di Castelnuovo, chiesti 2 anni e 4 mesi per Milani

Il pubblico ministero: «Va riconosciuta l’attenuante di aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale, quei soldi non se li sarebbe tenuti ma li avrebbe dati ai lavoratori senza più un’occupazione»

Aldo Milani nel corso di una manifestazione del Si Cobas

Aldo Milani nel corso di una manifestazione del Si Cobas

Modena, 27 febbraio 2019 – «Condannatelo a due anni e quattro mesi, ma tra le attenuanti riconoscetegli anche quella dell’aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale». Questa la richiesta del pubblico ministero Claudia Natalini nel processo per estorsione contro Aldo Milani, leader nazionale del sindacato intercategoriale ‘Si Cobas’.

I fatti che sono tornati in aula risalgono alla fine del 2016 e all’inizio del 2017, quando il Si Cobas era protagonista di una prolungata protesta per il destino di lavoratori del settore carni. In particolare, secondo la procura, Milani avrebbe estorto denaro alla famiglia Levoni di Castelnuovo Rangone (insieme all’intermediario Danilo Piccini che in abbreviato è stato condannato a due anni e quattro mesi in primo grado lo scorso luglio), proprietaria della ditta Alcar Uno.

In particolare Milani avrebbe preteso dai Levoni una cifra tra i 60mila ed i 90mila euro (non è stata ricostruita con certezza nel corso delle indagini) per la ‘cassa di resistenza’ del sindacato. Il pm ha per questo parlato di una trattativa legale, la vertenza ufficiale, ed una illegale, legata appunto ai soldi richiesti per la cassa di resistenza del Si Cobas. Chiedendo la condanna di Milani, Natalini ha chiesto anche il riconoscimento delle attenuanti e tra queste il fatto che Milani avrebbe agito per motivi di particolare valore morale o sociale. Il leader del sindacato, ha spiegato il pm, non si sarebbe intascato la somma richiesta ai Levoni, ma avrebbe destinato quei soldi anche ai lavoratori che non avevano più un’occupazione.