"Io, collezionista di popoli perduti". In quelle foto la diversità del mondo

Otto anni di viaggi in cinque continenti: il modenese Alessandro Bergamini fra le tribù a rischio estinzione

Alessandro Bergamini

Alessandro Bergamini

Mirandola (Modena), 22 luglio 2021 - Nei suoi scatti in giro per il mondo celebra la bellezza dell’umanità nelle sue diversità. "Ciò che mi rimane di un viaggio sono le persone che incontro, i loro volti, e ogni volta provo stupore". Membro del team ‘Grandi Viaggi Fotografici’, premiato al Concorso National Geographic 2015, accompagnatore di fotografi e viaggiatori, Alessandro Bergamini, 35 anni, racconta di popoli e culture in via d’estinzione e da quegli incontri straordinari è nato il libro Humanity (acquistabile in libreria e sul sito www.alessandrobergamini.it), frutto di oltre otto anni di lavoro nei cinque continenti. Una corposa raccolta di esplorazioni e avventure, una sorta di atlante dei popoli, una bellissima immagine sul mondo.

Alessandro Bergamini, la fotografia come mezzo per conoscere?

"Per me il mondo è un luogo ricco di colori, persone, etnie, usanze, e ho scelto di raccontarne la bellezza utilizzando la forte componente estetica delle foto. Un modo per far avvicinare e sensibilizzare più persone a questi popoli sconosciuti, in via d’estinzione. C’è il rischio che di loro non si sappia nemmeno che sono esistiti. La sfrenata globalizzazione ha tolto, forse, la curiosità di scoprire cose nuove, di conoscere l’‘altro’".

Nessuno sembra accorgersene, è così?

"È questo il dramma. Minoranze etniche con tradizioni millenarie stanno scomparendo dalla faccia della terra, e quanto poco sappiamo di loro. Le etnie vivono il ritmo del tempo, in perfetta armonia con il creato. La ‘modernità’, al contrario, fagocita tutto a ritmi vertiginosi".

È difficile preservare queste etnie?

"Prendiamo per esempio la tribù Chin, in Myanmar. Vive nella giungla, al confine con il Bangladesh. Il loro fascino sta nei tatuaggi sul volto delle donne, pratica oggi vietata, ed è sempre più difficile incontrare giovani donne con questo antico ornamento. Come è sempre più difficile incontrare i pastori nomadi della tribù Bakerwal, in Kashmir. Pastori nomadi, che spostano gli animali lungo gli impervi sentieri himalayani. Una loro caratteristica sono le barbe dalla tintura fiammeggiante. Con loro, tra l’altro, ho vissuto una migrazione, e mi è stato chiesto di aiutarli a seguire il gregge, un po’ per mettermi alla prova e un po’ per farsi due risate. Non è stato affatto semplice".

Com’è vivere tra etnie sperdute nei luoghi più remoti?

"È una ricchezza per l’anima, perché la vita si apre su scenari straordinari, il tempo si dilata, conosci le persone ‘cuore a cuore’, crei legami profondi, la gratitudine è reciproca. Sono tribù che cercano ancora oggi di sopravvivere senza abbandonare la vecchia strada. Le loro storie, oggi più che mai, devono essere protette e documentate così da lasciarne testimonianza a coloro che verranno dopo di noi".

Con chi ha vissuto?

"Sono stato a lungo tra le tribù asiatiche, in India, in Afghanistan, in Tibet e sono stato in tenda, in Siberia, a meno 40 gradi con gli allevatori di renne chiamati Nenet. Dopo Myanmar e Kashmir, ho vissuto in Cina con l’etnia Miao Iong horn, poi con i monaci tibetani in Ladakh, India, e con il popolo wakhi, situato nel corridoio Wakhan in Afghanistan. Mi sono spostato assieme a loro, oppure a piedi, con mezzi di fortuna, in sella a somari e cavalli".

Come è nata la sua passione, che poi si è trasformata in lavoro?

"Ideali e passioni si imparano da piccoli, e io ho la fortuna di avere due genitori viaggiatori. Con loro, in camper, ho attraversato l’Italia e l’Europa, poi a 18 anni ho fatto il primo viaggio da solo, e non mi sono più fermato. Zaino in spalla ho ben presto compreso che non mi bastava più fotografare i luoghi o vederne di nuovi, ma ciò che mi affascinava erano i popoli, le culture, le tradizione, il cibo, le religioni e così ho affrontato mete sempre più lontane, luoghi difficili da raggiungere, impervi e nascosti anche al viaggiatore classico. Un mondo di rara bellezza che va salvaguardato".

Qual è la sua prossima meta?

"Le alte montagne del Pamir, tra Afghanistan e Pakistan. Accompagno un gruppo di fotografi".