Alice, nuovi misteri Distrutti i pantaloni del terzo uomo "E’ inaccettabile"

L’avvocato di Nicholas Negrini, Antonio Ingroia, aveva chiesto di allargare l’incidente probatorio alle tute del collega della vittima. La criminologa Sartori: "Questa situazione ci lascia l’amaro in bocca".

di Valentina Reggiani

Gli abiti che secondo la difesa Mohamed Gaaloul utilizzava la notte in cui la giovane mamma di Ravarino, Alice Neri, è stata uccisa saranno analizzati nell’ambito dell’incidente probatorio. Da quelle analisi sarà possibile capire se siano davvero gli stessi jeans indossati dal principale sospettato del delitto quella notte e se vi siano tracce d’olio o, comunque, di fuliggine. Sarà invece impossibile effettuare verifiche sulle tute da lavoro che appartenevano a quelli che tutti definiscono il terzo uomo, ovvero il collega di Alice Neri, mai indagato.

Infatti, nonostante l’avvocato Antonio Ingroia, che ha assunto la difesa del marito della vittima, Nicholas Negrini abbia chiesto di allargare l’incidente probatorio alle tute sequestrate dai carabinieri alla Wam lo scorso 25 novembre, a quanto pare l’accertamento tecnico sarà impossibile: le tute, infatti, sarebbero state dissequestrate dai militari e riconsegnate all’azienda per poi essere distrutte. Circostanza certo non accolta positivamente dallo stesso marito di Alice, Negrini e dai suoi consulenti tecnici, la criminologa Katia Sartori e l’ex comandante dei Ris di Parma, Luciano Garofano.

C’è però un nuovo elemento e forse di fondamentale importanza che emerge dal sopralluogo effettuato sul luogo del delitto dai due consulenti: è stato infatti trovato un fazzoletto che conterrebbe tracce di dna maschile.

"La richiesta di incidente probatorio per le analisi sul fazzoletto e sulle tute è stata depositata qualche giorno fa, il 31 marzo – spiega la criminologa Sartori – dalla Wam però ci hanno spiegato che gli indumenti sono già stati riconsegnati e distrutti. Questa situazione, sicuramente, ci lascia l’amaro in bocca: la vita di Alice è stata scandagliata a 360 gradi, così come le sue frequentazioni e conoscenze. Non certo per mancanza di fiducia nei confronti della procura, ma reputavamo indispensabile prendere in considerazione tutto: per questo avevamo chiesto di effettuare esami irripetibili sulla tuta, confrontando i residui di terra ed erba trovati nei pantaloni del collega con il terreno reperibile sul luogo del delitto ma non sarà possibile farlo; così come non sarà possibile verificare eventuali tracce di olio. Eppure dai rilievi fotografici dei carabinieri ci sono tracce d’erba e terriccio che ci sono sembrati strani: per questo abbiamo sollevato gli stessi quesiti relativi ai pantaloni di Gaaloul. Ora abbiamo in mano il fazzoletto, trovato attaccato alla colatura di plastica presumibilmente del parafanghi e da cui abbiamo ottenuto dna maschile: abbiamo chiesto che venga analizzato. La genesi della traccia è chiaramente biologica, di dna".

A dirsi "amareggiato" per l’accaduto è anche il marito della vittima, Nicholas Negrini. "Gli elementi a carico di Mohamed contengono fragilità ed essendo nelle fase delle indagini, sarebbe auspicabile prendere in considerazione tutto. Noi abbiamo scandagliato a 360 gradi la vita di Alice e abbiamo chiesto alla procura di estendere l’incidente probatorio anche a questi indumenti: erano già sequestrati. Se non si collocherà Mohamed, con gli elementi che abbiamo, sul posto del rogo poi che facciamo? Abbiamo richiesto il dna sul fazzoletto trovato attaccato al reperto bruciato, poiché abbiamo trovato un dna parziale di profilo maschile. Era cristallizzato sulla scena. A mio avviso la cosa è di una gravità inaudita: dissequestrare un reperto senza sentire le parti in causa significa assumersi una grande responsabilità. Partiamo dal presupposto che non è chiaro l’orario del decesso, quando e perché quindi così si stanno escludendo piste a priori. Non mi spiego una motivazione abbastanza valida per compiere una cosa del genere: non si può agire così durante le indagini ancora in corso. Escludono questa persona – conclude Negrini – perché pensano sia stata uccisa tra le 4 e le 5 del mattino e il collega sarebbe uscito di casa dopo le 5 ma, in realtà, non vi sono certezze sull’orario della morte di mia moglie. Sul posto c’era la stessa sigaretta che usava lei: questo la collocherebbe ancora viva ai laghetti. Mi pare avventato scartare tutto quello che c’è per concentrarsi su un’unica pista. Oggi dovrei pensare a me, a mia figlia e ricostruire la mia esistenza. Invece se non ero io a instillare dubbi nei miei consulenti a quest’ora non si muoveva niente Sto cercando di fare d tutto per escludere o includere le piste".