Amanda Knox a Modena, lacrime e accuse: per voi ero un mostro

L'americana mette alla sbarra media, giudici e polizia. "In cella pensai al suicidio"

Amanda Knox a Modena (FotoFiocchi)

Amanda Knox a Modena (FotoFiocchi)

Modena, 16 giugno 2019 - Il giorno più lungo di Amanda Knox, il suo D-Day del ritorno in Italia dopo il delitto, il carcere e i processi, va in scena come una piece teatrale nella grande sala gremita di persone. Ci sono l’attesa, il silenzio, la curiosità di avvocati e addetti ai lavori più che della città per un evento che sembra preparato con accurata strategia di marketing. Come nell’ultimo atto di una tragedia ci sono gli ingredienti che muovono l’emotività del pubblico. In seicento o giù di lì osservano in volto l’americanina del giallo di Perugia, dove la sua amica Meredith Kercher venne violentata e uccisa, secondo l’ultima verità giudiziaria, dall’ivoriano Rudy Guede con complici ancora senza nome. 

Amanda (foto) come in un rito di purificazione parla, singhiozza, si asciuga le lacrime. Come se guardasse negli occhi l’Italia intera, il Paese che è stato suo incubo e dove torna dopo 4 anni dall’assoluzione della Cassazione, in tandem col fidanzato di allora, Raffaele Sollecito. Nella terza giornata del Festival della Giustizia penale (video) tiene banco al Forum Monzani lo sfogo di Amanda, a tratti iroso, un torrente in piena. Con la voce più volte rotta dal pianto ci sono accuse per tutti. Alla «corte corrotta dai media», alla polizia che guidò le indagini con «pregiudizio», all’«inchiesta contaminata», alla «narrazione mediatica falsa dei fatti». Ne uscì, dice, l’immagine del mostro Foxy Knoxy.   È il momento dell’apparizione in pubblico come non era mai accaduto, fatta di un racconto sapientemente cucito in una turbolenza di sentimenti e ricordi dove trova posto anche un raggio di fede affidata a un prete e un passaggio che contempla l’idea del suicidio, «Ci ho pensato...» Eccolo qua, il calvario di Amanda, volente o nolente un’attrice perfetta nel giorno del suo riscatto dove il dito è puntato contro lo Stato e i giornalisti, rei di «aver costruito una storia su di me insieme ai pm per condannarmi», mentre la gratitudine va alla Corte che la assolse. Negli Usa, aggiunge, i media sono la prima linea di difesa contro il potere. Forse dovrebbe succedere di più anche in Italia. 

Non c'è odio negli occhi chiari dell’americanina di Seattle, ma nello sguardo si leggono rabbia e voglia di urlare al mondo, protetta dall’ evento organizzato dalla Camera penale di Modena e da Italy Innocence project, che l’ha invitata alla tre giorni improntata sul garantismo e gli errori giudiziari. L’attenzione è monopolizzata dalla sua figura come simbolo del processo mediatico. Ma gli organizzatori, per questo critici verso giornali e tv, mandano in scena un grande show mediatico, senza contradditorio da parte di chi riceve le bordate dell’ex studentessa. Forse una scelta inconsapevole, ma di fatto realtà. Nella scenografia ci sono 6 body guard di colore, armadi alti due metri che scortano Amanda, all’ingresso una decina fra poliziotti e carabinieri. Quando piange col volto affondato in un fazzoletto, guardando la mamma e il fidanzato in prima fila, metà platea si alza e applaude

Amanda ha un look perfetto per mettere in risalto sofferenza e tormento: niente trucco, capelli sciolti, vestito quasi monacale color pastello. Una semplicità appariscente. E Meredith? Certo, la cita dicendo che Giustizia non è fatta «perché non è più viva». «Tutto cominciò il primo novembre 2007. Rudy Guede, un ladro, entrò nella casa dove vivevo con Meredith. L’ha violentata e uccisa, io e Raffaele non eravamo lì». Eppure su questo punto la Cassazione lascia aperto un dubbio. Poi l’Italia, sogno e incubo, paradiso e inferno. «Torno per la terza volta. La prima fu a 14 anni quando con i miei visitai Pompei. Poi tornai a vent’anni per studiare e invece ho incontrato tragedia e sofferenza». Ancora singhiozzi.

«Ma l'Italia è parte di me. C’è chi dice che io sia pazza a venire qui perché non è un Paese sicuro e che tornerò in prigione. Sono stata assolta, ma so che rimango una figura controversa. Ho paura di essere derisa e molestata». Sensazioni mai esposte in pubblico. «Mi consideravano una furba, psicopatica, drogata, puttana, pronta a partecipare a un’orgia. Una storia falsa che ha scatenato fantasie». La giornata finisce con la testimonianza di altri errori giudiziari. La Giustizia a volte è un tunnel dove si perdono gli innocenti. E se in 25 anni, come hanno spiegato gli avvocati, sono state accolte 25mila domande di risarcimento per ingiusta detenzione, qualcosa di vero ci sarà. Però la magistratura italiana rimane una delle più equilibrate al mondo, nonostante queste cifre. Lei, intanto, è gia volata negli Usa, con le sue angosce e le sue paure. Il giorno più lungo di Amanda è finito.