"Ambiente trasformato dal morbo Ma qui c’è una grande squadra"

L’infettivologo Vanni Borghi: "In una situazione come questa si creano legami profondi"

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Ci sono lavori che non abbandoni mai del tutto, soprattutto se per tutta la vita ti sei impegnato a migliorare e proteggere la salute delle persone. E quando l’emergenza sanitaria raggiunge i livelli massimi come in questa fase senza precedenti, è un attimo sentire il dovere di rientrare in servizio anche se ormai sei in pensione. Insomma, rimanere a casa a guardare la sofferenza nelle immagini dei telegiornali è impossibile. Lo sa bene il dottor Vanni Borghi, infettivologo, uno dei tre medici ‘riservisti’ tornati in corsia in maniera volontaria e gratuita per aiutare i propri colleghi a gestire l’emergenza Covid-19.

Dottore, lei è andato in pensione a inizio anno. Cosa l’ha spinta a tornare in prima linea e cosa si è trovato ad affrontare?

"Quando si lavora con una grande squadra devi partecipare e non mollare, specialmente in un momento di crisi. Sebbene non mancassi da molto, ho trovato un ambiente trasformato dalla malattia, dove l’organizzazione ha dovuto adattarsi a questa nuova realtà. Personalmente mi sto occupando della logistica, dell’organizzazione, della clinica, insomma di tutti gli aspetti. Ho trovato una grande squadra fatta di infettivologi, pneumologi e chirurghi. Abbiamo creato un’equipe che lavora fianco a fianco senza paura collaborando appieno. Di certo in una situazione del genere si creano legami profondi".

La sua prima impressione? Cosa devono affrontare i malati di Coronavirus?

"Vi sono due aspetti davvero toccanti. Il primo è quello dei pazienti, che vivono una situazione difficile non soltanto sotto l’aspetto clinico, ma anche psicologico, visto che questa patologia fa paura e ti isola dai tuoi affetti. L’altro aspetto, infatti, è quello delle famiglie separate dalla malattia, senza la possibilità di andare fisicamente in ospedale a trovare i propri cari ricoverati".

Su che compiti vorrebbe concentrarsi? Ci sono malati che hanno bisogno più di altri?

"Vorrei riuscire a lavorare a favore dei pazienti che seguiamo normalmente, in particolare quelli con epatite C e Hiv (quasi 1500) che in questo momento soffrono il fatto che la struttura è tutta concentrata sul Covid-19. Stiamo introducendo una serie di azioni per riprendere, anche se a ritmo ridotto, le normali attività ambulatoriali per le persone con infezione da HIV che devono eseguire gli esami e controllare le terapie".

vi. ma.