"Assolto, ma non posso fare il mio lavoro"

Il militare coinvolto nell’indagine ’Intoccabili’: "Malgrado sia caduta l’accusa di corruzione, in attesa dell’Appello resto sospeso dall’Arma"

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Non lavora da quasi sette anni e vive con l’"assegno di sopravvivenza" in attesa che la giustizia faccia il suo corso. Ma per lui il reintegro nell’Arma non è una questione economica, piuttosto di dignità, "come carabiniere e come uomo". La lettera aperta arriva da un brigadiere capo dei carabinieri, da 20 anni in forza al comando provinciale di Modena, colonna del nucleo investigativo con alle spalle brillanti arresti e indagini, coinvolto nell’inchiesta su un giro di usura a Sassuolo che ha portato alla condanna di alcuni imprenditori.

"Dopo oltre 35 anni di onorato servizio dove, anche a discapito della mia famiglia, ho donato, con spirito di sacrificio e abnegazione, tutto me stesso, oggi devo prendere atto dell’ennesima delusione. Infatti, sebbene venga evocato il cosiddetto Stato di diritto, a me, servitore della Patria, viene paradossalmente negato per le lungaggini della giustizia. – spiega – Nonostante siano trascorsi quasi 7 anni dalla mia sospensione precauzionale dall’impiego e siano venuti meno i presupposti dettati dai capi d’imputazione iniziali che diedero luogo all’emissione del provvedimento, il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri non mi reintegra".

Per la quinta volta, infatti, è stata rigettata la sua istanza: "I miei guai sono cominciati il 5 ottobre 2015 quando, con mio immenso stupore e rammarico, mi venne notificata un’ordinanza di misura cautelare nell’ambito dell’operazione ’Intoccabili’ che, tra le altre cose, prevedeva anche l’allontanamento dalla provincia di Modena". Il militare, coinvolto nell’inchiesta su un giro di ’mazzette’ a Sassuolo, fu costretto ad andare ad abitare in un albergo a Cento fino alla revoca della misura: "Dopo un processo lunghissimo, i capi d’imputazione più gravi (corruzione, ndr), quelli che avevano portato all’emissione della misura cautelare e alla sospensione dell’Arma, sono venuti meno e per tale motivo, una volta assolto, ritenevo di poter rientrare in servizio". Il brigadiere capo è stato però condannato a due anni per tentato abuso d’ufficio. "Ho presentato Appello, il reato è già in prescrizione, istituto a cui ho rinunciato perché ritengo di essere innocente e voglio essere giudicato nel merito. Tra l’altro il reato è stato fatto emergere in udienza per un presunto mio coinvolgimento con un magistrato, il cui procedimento è stato subito archiviato, e un ufficiale dell’Arma, assolto con formula piena".

Anche la Procura ha proposto appello (non ancora fissato) contro le assoluzioni pronunciate nell’ambito del processo ’Intoccabili’ e quindi il procedimento si prospetta ancora lungo: "Vorrei essere reintegrato subito, non posso attendere oltre, il primo grado di giudizio ha decretato la mia innocenza in riferimento al reato ostativo, non è già abbastanza? Ho 58 anni, rischio di avere giustizia quando avrò già raggiunto l’età per andare in pensione". Il militare si sente vittima di una giustizia troppo lenta, ma anche abbandonato. "In questi 7 anni sono stato isolato da tutto e da tutti, sono rimasto solo senza un po’ di conforto. Sono veramente rammaricato, dopo 35 anni di servizio, il più dei quali con note di lode, centinaia di arresti e brillanti operazioni (una su tutte il recupero di famosi quadri trafugati dal museo estense nel 1993, con la collaborazione di Felice Maniero sotto la direzione del pm Giuseppe Tibis), che hanno dato ulteriore lustro alla Benemerita, essere trattato come il peggiore dei delinquenti. Ma io, memore del motto di Brenno ’Vae Victis’, non posso e non voglio arrendermi e lotterò per indossare nuovamente, fosse anche solo per un giorno, quell’uniforme, che per me è stata ed è come una seconda pelle".