JACOPO GOZZI
Cronaca

La sfida dell’atleta non vedente: “Voglio correre con gli altri”. Ma non potrà avere la sua guida

Lui frequenta la seconda media nel Modenese e si allena con un accompagnatore specializzato. La madre: “Per la campestre regionale dovrà avvalersi solo dell’aiuto di un compagno di classe”

La corsa campestre provinciale (foto di repertorio); nel riquadro, la madre di B.K., Maria Gloria Goldoni

La corsa campestre provinciale (foto di repertorio); nel riquadro, la madre di B.K., Maria Gloria Goldoni

Modena, 17 febbraio 2025 – In Emilia-Romagna l’inclusione scolastica si scontra con le rigidità della burocrazia. Lo dimostra la vicenda di B.K., alunno-atleta non vedente che frequenta la seconda media a Formigine e che, per poter partecipare alla corsa campestre provinciale dell’11 febbraio accompagnato dalla sua guida, ha dovuto ottenere una deroga e sollevare l’Ufficio Scolastico Provinciale da ogni responsabilità.

Il motivo pare essere un cavillo della documentazione regionale che, relativamente agli studenti-atleti con disabilità, fa unicamente riferimento agli ‘alunni guida’ ed esclude implicitamente l’affiancamento di guide esperte. Una prassi che, come fa notare la famiglia, rischia di trasformare l’inclusione in un ostacolo perché non solo penalizzerebbe B.K., che attualmente si allena tre volte a settimana con una guida specializzata, ma priverebbe l’alunno con disabilità delle condizioni minime di sicurezza mentre corre, imponendo allo stesso tempo al compagno un onere sproporzionato”.

“Immaginatevi – commenta Maria Gloria Goldoni, madre di B.K. – di correre ad occhi chiusi un percorso di 1500 metri su un tragitto non lineare insieme ad altre 200 persone che sfrecciano davanti e accanto a voi. A causa di regole di questo tipo, si genera una situazione di forte disagio sia per l’alunno non vedente, sia per il compagno che deve guidarlo, investito di una responsabilità probabilmente non adatta alla sua età. Come se non bastasse, si genera una dinamica di disparità in cui l’alunno con disabilità deve dipendere dall’altro. La scuola di mio figlio ha cercato di supportarci il più possibile in questo percorso, ma passando alle fasi provinciali, per permettere al ragazzo di correre con la sua guida, abbiamo dovuto sottoscrivere una deroga al regolamento e firmare una manleva di responsabilità per ogni danno e infortunio subito o arrecato”.

Se per la competizione provinciale è stata sufficiente la deroga, in vista della fase regionale questa possibilità è stata negata e B.K. è stato costretto a chiedere a un compagno di correre con lui. “Mio figlio – prosegue la madre – si è sentito molto in imbarazzo e in difficoltà a fare questa richiesta, perché temeva che i compagni non accettassero e, soprattutto, perché sa che sarà molto più difficile per lui affrontare questa campestre senza i riferimenti che può dargli una persona preparata con cui si allena regolarmente”.

Dopo essersi confrontata con Daniele Cassioli, pluricampione del mondo di sci nautico per non vedenti, cieco dalla nascita, attualmente presidente di Real Eyes Sport, la famiglia ha deciso di rivolgersi a un legale. “Queste regole – chiarisce Cassioli – non mettono in difficoltà solo l’atleta, ma anche il compagno che, magari, invece di fare la guida, vorrebbe gareggiare per conto suo. Inoltre, si innescano dinamiche spiacevoli. Non è giusto che i genitori degli alunni con disabilità siano costretti pregare altre famiglie affinché i loro figli si facciano carico dei compagni”.

“Il rischio – aggiunge Cassioli – è che esperienze negative come questa allontanino dallo sport ragazzi che, per allenarsi e competere, devono già sostenere sforzi enormi. Per un atleta non vedente, ad esempio, trovare una guida non è scontato. A ciò, si aggiungono numerose barriere: dall’impossibilità di muoversi in autonomia alle difficoltà di inserimento nei contesti sportivi”.

Secondo l’avvocato Salvatore Davì, il caso di B.K. non vuole essere un attacco alla scuola, ma un’occasione per creare un precedente e affermare un principio di equità.