Modena, 16 febbraio 2019 - Mentre a Maranello la sagoma della nuova Ferrari, tutta muscoli e velocità, faceva innamorare i tifosi, poco lontano dei veicoli procedevano ad andatura lenta. Ma – attenzione – senza pilota a bordo. Nel parcheggio dell’Università di Modena, infatti, si teneva la sessione dimostrativa finale del progetto europeo ‘Hercules’, un ambizioso laboratorio sulla guida autonoma durato tre anni che ha coinvolto studenti e aziende del calibro di Airbus, Magneti Marelli ed Evidence. Obiettivo: garantire alte prestazioni ‘real-time’ (cioè, in parole semplici, la capacità di reazione) ai futuristici sistemi di guida senza pilota. L’ateneo modenese e reggiano ha partecipato, in particolare, col suo dipartimento di Scienze fisiche e matematiche, di cui fa parte il professor Marko Bertogna, coordinatore del progetto.
Professor Bertogna, Modena è diventata un grande laboratorio per le auto a guida autonoma.
«Diciamo che in questo momento è così. È la città dei motori, siamo felici di aver potuto sperimentare proprio qui questi veicoli innovativi».
Avete lavorato a diversi prototipi. Che differenze ci sono?
«Abbiamo un’auto che è in grado di parcheggiare da sola e di tornare al punto di ‘pick up’. Poi c’è una sport car che, in autonomia, può raggiungere velocità sostenute ed evitare pedoni e ostacoli lungo il percorso. E ancora, è stato messo a punto un ‘rover’ per consegnare in autonomia pacchi o, per esempio, delle pizze. E un drone che con un sistema di tracciamento riconosce e segue un particolare oggetto».
La parte più innovativa, però, è il cervello di questi dispositivi.
«Esatto. Nel bagagliaio c’è un’unità di piccole dimensioni, quando invece ci si potrebbe aspettare macchine molto più grandi. Il contributo principale di questo progetto europeo è stato proprio quello di realizzare un ‘cervello’ dal costo, dalle dimensioni e dal consumo energetico significativamente ridotti».
Quando vedremo queste auto in mezzo al traffico?
«Dal punto di vista tecnologico siamo molto vicini a poterlo fare. Dal punto di vista legale, invece, ci sono ancora degli ostacoli».
Un esempio?
«Per sperimentare in un’area publica un’auto a guida autonoma serve l’autorizzazione del costruttore. E in questo momento è una condizione molto difficile da realizzare».
Com’è la situazione negli altri Paesi? Colossi come Uber e Tesla hanno puntato forte sull’‘autopilot’.
«In Italia in fatto di legislazione siamo conservativi. Il recente decreto ‘Smart road’ resta troppo vincolante: non siamo ancora in grado, ad esempio, di modificare i veicoli delle case senza l’approvazione dell’azienda costruttrice. È una limitazione che all’estero non esiste, stiamo lavorando col Ministero per capire se ci sono margini. Per i veicoli come il ‘rover’, invece, le cose sembrano un po’ più semplici».
Un mezzo ‘smart’ per il trasporto delle merci che vantaggi potrebbe portare?
«Il dispositivo che abbiamo sperimentato qui è in grado di raggiungere i 25 chilometri orari e sfruttando dei percorsi adatti potrebbe rendere il meccanismo delle consegne molto più efficiente».