"Avevamo denunciato da subito i rischi che si correvano"

Gli avvocati: "Situazione non gestita, vogliamo rigorosi approfondimenti. Al Sant’Anna c’erano risorse sufficienti per il controllo?"

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"Già nei primi giorni di diffusione del Coronavirus, gli avvocati avevano denunciato il rischio di una situazione non gestita, avvertendo come le carceri fossero vere e proprie polveriere e come l’unica soluzione per evitare il peggio fosse quella, quantomeno, di applicare misure cautelari fuori da quelle mura e misure alternative alla detenzione per chi avesse dato buona prova durante l’espiazione della pena. La paura che si è diffusa negli istituti di pena ha generato violente ed ingiustificabili rivolte da parte di una minoranza di detenuti, che hanno messo a repentaglio la sicurezza dei loro compagni. Queste forme di violenza devono essere condannate sul piano morale e perseguite in termini di legge". Così il consiglio direttivo della Camera Penale Carl’Alberto Perroux (nella foto Guido Sola e Roberto Ricco) in merito a quella che ritengono una tragedia annunciata. Perché – e i penalisti invitano a riflettere – la camera penale da tempo denunciava le insostenibili condizioni della casa Circondariale, abitata da un numero spaventoso di detenuti, di molto superiore alla capienza regolamentare ed al numero degli agenti di custodia necessari a garantire condizioni di sicurezza dell’istituto. "È noto come l’inizio della nuova legislatura avesse di fatto riposto nel cassetto una ambiziosa riforma dell’ordinamento penitenziario che avrebbe inciso non solo sul fronte dei ’numeri’ del carcere in Italia, ma anche rispetto all’adozione di politiche punitive dotate di ben maggiore efficacia in termini rieducativi e di risocializzazione favorendo la concessione di misure alternative alla pena. Anche le ’recenti’ riforme in punto di applicazione di misure cautelari personali, hanno segnato il passo senza riuscire ad invertire il trend dell’uso indiscriminato della custodia cautelare in carcere in pendenza di giudizio. Neppure la politica ha avuto il coraggio di mettere mano al portafoglio per perseguire politiche coerenti con queste scelte di massimo (e ingiustificato) rigore: nessuno ha voluto seriamente investire nella edilizia giudiziaria cosicché il facile slogan ’costruiremo nuove carceri’ è rimasto lettera morta buona giusto per sfamare le bocche del populismo giudiziario". I penalisti denunciano poi come: "Le uniche informazioni che abbiamo ottenuto su quei fatti sono quelle fornite dalla polizia penitenziaria, giacché l’autorità giudiziaria (requirente e di sorveglianza) non ha inteso divulgare informazioni di dettaglio sullo svolgersi degli accertamenti. I morti nelle rivolte del carcere di Sant’Anna sono saliti a 9, un numero enorme che lascia sgomenti, ancor di più per il fatto che risulta difficile comprendere come molti di loro siano deceduti nel corso della traduzione o presso l’istituto di destinazione. Risulta difficile comprendere come sia stato possibile che i detenuti siano riusciti a impossessarsi di un carcere: le risorse in campo erano sufficienti a garantirne il controllo? La struttura era idonea ad impedire ad un gruppo di detenuti di mettere a rischio la sicurezza dei loro compagni e degli agenti di custodia? È ammissibile che la polizia penitenziaria si trovi in condizioni sostanzialmente ingestibili? Queste circostanze meritano un rigoroso approfondimento".