Avevano già i biglietti per fuggire

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L’idea era quella di tenere tutto nascosto fino a che non si fossero calmate le acque all’interno di un box auto che non sarebbe stato comunque ricollegabile a nessuno dei responsabili. Poi, sicuramente, si sarebbero occupati di piazzare orologi e gioielli a ricettatori – eventuale figura su cui sono in corso accertamenti – spartendosi intanto le banconote. Ma, trapela anche dalle indagini, le due guardie giurate erano pronte a fuggire in Germania, aspetto che ha accelerato il provvedimento di fermo.

È stato il nipote di una delle guardie, il reggiano di 44 anni a mostrare agli inquirenti dove era custodito il bottino. Gli uomini hanno fatto irruzione nell’appartamento dell’indagato, venerdì sera, facendogli presente come tutta la storia fosse già ‘stata scritta’. Il suo furgone era stato notato mentre affiancava il blindato sull’A22, diretto a Bologna. Il suo nome era collegato all’autista del portavalori e i poliziotti, inoltre, sapevano come le due presunte vittime fossero in procinto di partire: nelle loro mani c’era già un biglietto aereo per la Germania. Dopo dieci minuti, alla fine, l’idraulico reggiano ha confessato di aver aiutato il parente e l’alta guardia a simulare il colpo, portando i poliziotti dinanzi al garage di via Goito dove era stata nascosta l’intera refurtiva. Il 44enne ha infine ricostruito tutte le tappe del finto assalto al blindato, confermando di aver raggiunto i complici all’altezza del casello di Carpi e di essere usciti dall’A22 per poi dirigersi verso Correggio, alla rotatoria di via della Pace. È proprio qui che i tre hanno poi abbandonato il furgone portavalori per salire a bordo del mezzo condotto dal nipote, appunto, dove gioielli, orologi e contanti erano stati nel frattempo sistemati. Infine il 44enne ha lasciato le guardie a Parma e si è velocemente recato a Reggio Emilia, per nascondere il bottino milionario, suddiviso in venti pacchi, nel box di proprietà di un’amica che ovviamente nulla sapeva del colpo. Un piano che, fin da subito, ha messo in risalto diverse contraddizioni tanto che, in meno di 48 ore, gli agenti, in stretta collaborazione con la procura, hanno chiuso il cerchio attorno alla rapina fasulla. Non è escluso che, in realtà, quel progetto fosse stato pianificato da tempo. «Siamo stati rapinati da un commando armato – hanno dichiarato i due alla polizia dopo aver chiesto aiuto da un bar del parmense –. Siamo partiti da Stoccarda per consegnare il carico a Bologna ma i banditi ci hanno ‘agganciato’ all’altezza di Carpi. Un furgone bianco si è piazzato davanti mentre un’auto nera ci ha chiusi dietro. Ci hanno costretti a fermarci, insomma, poi ci hanno puntato addosso tre fucili ma subito dopo ci hanno incappucciato. Uno di loro è salito a bordo del blindato e ci hanno fatto scendere a Parma»... Il racconto dei due, però, ha presentato sin da subito una lunga serie di contraddizioni.

A partire dal fatto che gli agenti, che subito si sono attivati con la procura per effettuare i necessari accertamenti tecnici, hanno escluso la presenza dei mezzi descritti dai due complici. Dalle immagini, infatti, emergerà solo la presenza di quel furgone condotto da quello che, emergerà poi, è il terzo complice, ovvero il nipote del 52enne. La mobile ha subito collegato l’idraulico residente nel reggiano alla guardia, intuendo come sicuramente il presunto assalto fosse frutto di un piano diabolico messo in atto dai tre complici. «C’era stata una trama simulatoria con una terza persona che abbiamo subito capito fosse il nipote dell’autista del portavalori – ha spiegato il capo della mobile Salvatore Blasco –. Quando abbiamo capito che i due stavano per scappare in Germania siamo intervenuti».

Valentina Reggiani