
di Paolo Tomassone
La colpa di Giulia Pigoni e di altri militanti a Modena è di aver creduto in una strada comune del polo riformista e di mantenere un rapporto positivo con le forze riformiste del centrosinistra. A Roma, invece, nel quartier generale di Azione si pensa a ben altre alchimie e il messaggio è stato "rompete con la maggioranza che guida la Regione in Emilia-Romagna e preparatevi a una battaglia solitaria alle europee". Una radicalizzazione così forte che per la consigliera regionale e fino a due giorni fa segretaria regionale del partito di Calenda e per chi la segue significava sconfessare gli impegni presi con gli elettori e una visione di progressiva costruzione dell’unità che ora viene messa in discussione dai vertici nazionali del partito. Insomma due strade che si dividono proprio perché gli obiettivi a questo punto sono diversi. "La mia è stata una decisione molto sofferta. Ma la frattura sulla linea politica non era più sanabile. La costruzione del Terzo Polo è sfumata per motivi che qui sul territorio risultano davvero incomprensibili" spiega Pigoni che ieri è corsa a Roma per suggellare quello che era già nell’aria, il suo ingresso in Italia Viva, che è stato accolto con manifesto entusiasmo da Matteo Renzi. Un altro fatto ieri ha delineato in maniera ancora più netta la frattura tra l’Azione di Roma e quella di Modena: quaranta iscritti modenesi hanno preso carta e penna per mettere nero su bianco le dimissioni. Dimissioni accompagnate da quelle dei vertici del partito modenese: il segretario comunale Pietro Borsari era segretaria provinciale Chiara Caselgrandi (in realtà già dimissionaria) oltre al vice-segretario provinciale Claudio Prandi e alla maggioranza dei membri del direttivo. "Su Modena la decisione è stata quella di continuare, nonostante il divorzio consumatosi a livello nazionale, la convergenza politica con Italia Viva, in coerenza con le parole del segretario nazionale Carlo Calenda, che auspicava il mantenimento della federazione nei territori dove quest’ultima aveva funzionato - spiegano in una nota -. Nonostante ciò gli atteggiamenti di alcuni rappresentanti nazionali del partito hanno portato a pensare che questa scelta non fosse apprezzata, perché collimante con l’intenzione di stabilire invece un rapporto con gli altri partiti di centro non di alleanza, ma di competizione". Per Giulia Pigoni questa è una scelta particolarmente difficile anche perché significa entrare in collisione con Matteo Richetti, fioranese e capogruppo alla Camera per Azione, con il quale ha costruito la sua ascesa politica fin da giovanissima.
"Dopo aver camminato insieme per tanti anni, politicamente la vediamo in modo diverso - spiega la ‘neo’ renziana -. Ad un certo punto però siamo tutti chiamati a decidere e io in coscienza penso che sia giusto continuare a credere e spendersi fattivamente per la costruzione di un polo riformista. E poi io non mi sarei mai messa contro la presidenza della Regione, visto che io nella lista di Bonaccini sono stata anche eletta. Le strade si sono separate in questo momento, ma spero che prima o poi le strade dei riformisti si tornino a incrociare"