Bambino abbandonato, lo studioso Unimore. "Troverò una cura per il piccolo Giovannino"

Michele De Luca, studioso di staminali del dipartimento di Unimore: "Abbiamo in programma di aggredire l’ittiosi lamellare"

Michele De Luca

Michele De Luca

Modena, 8 novembre 2019 - Hassan ora sta bene: le bolle sulla sua pelle non si sono più riformate. La vita, il piccolo ‘bimbo farfalla’ siriano affetto da una forma gravissima di epidermolisi bollosa, la deve al professor Michele De Luca, dell’università di Modena e Reggio e studioso di cellule staminali epiteliali. Il professore ha recentemente iniziato un progetto di ricerca contro l’ittiosi lamellare classica, forma principale della patologia che ha colpito il piccolo Giovannino, abbandonato dai genitori all’ospedale di Torino proprio per la patologia rarissima di cui è affetto. Professor De Luca quanto ci vorrà per avviare la sperimentazione? «Ci vorranno anni perchè non abbiamo ancora terminato tutte le fasi di sviluppo della terapia genica per le varie forme di epidermolisi bollosa, la prima malattia genetica della pelle su cui abbiamo iniziato a lavorare molti anni fa. E sull’ittiosi lamellare, che è dovuta ad un gene differente rispetto a quello alterato nell’ittiosi Arlecchino, siamo ancora nelle prime fasi di ricerca. Ma questo è il nostro obiettivo». Cosa si può fare per Giovanni? «Parliamo di una patologia che colpisce un bambino su un milione; al momento ci si può basare solo sulle terapie c lassiche volte a mitigare le manifestazioni esattmente come si fa con l’epidermolisi bollosa che noi stiamo aggredendo: quindi bendaggi e farmaci che possono aiutare a controllare le lesioni ma, sia chiaro, non sono cure, purtroppo. Sono trattamenti che servono a controllare i sintomi ma non risolutivi come potrebbe esserlo la terapia genica». Quanto c’è voluto per arrivare a quella sulla sulla epidermolisi bollosa, curata appunto con la terapia genica?. «Anni, anche in questo caso e ci siamo dovuti fermare nel frattempo. Per quanto riguarda Hassan, il bimbo farfalla il concetto è semplice: si trattava di un fenotipo molto grave e sono state modificate le cellule epiteliali per poi trapiantarle. Ora sta bene e per noi è un grandissimo traguardo: vedere la sua pelle che si riformava è stato incredibile, commovente. Una grande emozione. Ma la sperimentazione non è conclusa: parliamo di una malattia rara per la quale esistono diverse forme, non solo quella giunzionale di cui soffriva Hassan. Sono una decina i pazienti affetti da epidermolisi per i quali è iniziata la sperimentazione o per i quali è stata chiesta l’approvazione alla stessa. Terminata questa sperimentazione nei nostri programmi futuri c’è anche quello, appunto, di occuparci della ittiosi. Quella del neonato, però, è la variante più grave dell’ittiosi congenita autosomica recessiva ed è dovuta “alle mutazioni recessive del gene ABCA12». Crede vi siano speranze di curare Giovannino? «Il problema è che serve tempo e la forma Arlecchino è particolare, forse una delle più gravi. Inizieremo l’iter per arrivare alla sperimentazione sulla forma lamellare dell’ittiosi, ripetendo il percorso fatto con l’epidermolisi bollosa quindi: lunga fase di ricerca, certificazioni necessarie ad ottenere il via alle sperimentazioni e terapie avanzate. Oggi, purtroppo, per questo bambino non si può fare nulla perchè nessuno nel mondo è pronto per fare terapia genica su questo tipo di patologia. Le risposte potranno arrivare soltanto in futuro ma lavoreremo affinchè si arrivi, step by step, ad una terapia genica che porti ad un trattamento per altre malattie genetiche della pelle, tra cui forse, un giorno, anche l’ittiosi arlecchino». Cosa consiglia a chi si prenderà cura di lui? «Deve essere seguito da un buon centro di dermatologia; poi ci sono centri specializzati per la ittiosi e associazioni di pazienti. Quelli della ricerca e della sperimentazione sono percorsi lunghi che noi, però, continueremo con forza a portare avanti».