Banda dello spray di Corinaldo, la Cassazione non fa sconti

I giudici hanno respinto i ricorsi delle difese dei sei giovani contro la sentenza in Appello: ora diventano definitive le condanne a pene che variano tra i 12 e i 10 anni

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di Marina Verdenelli

La banda dello spray condannata anche in Cassazione. E’ definitivo il verdetto per i sei ragazzi della Bassa Modenese che la notte tra il 7 e l’8 dicembre di quattro anni fa provocarono, a Corinaldo, la morte di cinque minorenni e una mamma di 39 anni. Il gruppo criminale, che agì alla discoteca Lanterna Azzurra spruzzando una sostanza urticante che creò una fuga di massa che causò poi la strage, è in carcere da agosto del 2019 e ci resterà ancora per diversi anni. Le pene decise in Corte d’Assise d’Appello, lo scorso 17 marzo, ad Ancona, sono ora definitive per Ugo Di Puorto, condannato a 12 anni, 6 mesi e 20 giorni, per Raffaele Mormone, condannato a 12 anni, 4 mesi e 20 giorni, per Andrea Cavallari, condannato a 11 anni e 10 mesi, per Moez Akari, condannato a 11 anni e 6 mesi, per Haddada Souhaib, condannato a 11 anni e 3 mesi, e per Badr Amouiyah, condannato a 10 anni e 9 mesi.

La Corte di Cassazione, la quinta sezione penale, ha respinto ieri i ricorsi presentati dalle difese dei sei imputati che puntavano a far cadere l’associazione a delinquere, riconosciuta invece in appello (e non nel primo grado di giudizio), in quando soltanto uno della banda avrebbe spruzzato la sostanza urticante senza che gli altri sapessero, le rapine, sostenendo che fossero tutti furti, e l’omicidio preterintenzionale perché la banda non poteva sapere che il locale avesse gravi carenze strutturali.

L’udienza davanti ai supremi giudici è iniziata alle 11.30 ed è durata un paio d’ore, con tempi veloci dati alla discussione delle parti. Dopo quattro ore e mezza di camera di consiglio la Corte è uscita leggendo il dispositivo. "Sono senza parole – ha commentato dopo il giudizio l’avvocato Pierfrancesco Rossi, difensore di Di Puorto, considerato il capo della banda, e Mormone, considerato il suo braccio destro – aspetteremo le motivazioni per capire la decisione della Corte. Speravamo che almeno sull’associazione a delinquere e le rapine fossero accolti i nostri ricorsi. E’ un processo chiuso ma con una verità monca perché parte della ricostruzione è stata carente. Non è stato chiarito il luogo dell’innesco e se la macchina dei fumi possa aver contribuito a creare il caos. Non si è voluta cercare la vera motivazione del disastro, addebitabile a responsabilità del locale".

Per gli avvocati dei familiari delle vittime è stata una vittoria dovuta. "Per le famiglie è una boccata d’ossigeno aver avuto in quattro anni una condanna che ora è definitiva – hanno detto gli avvocati Irene Ciani e Nicola Ciacci, legali della famiglia di Benedetta Vitali, una delle vittime della Lanterna – adesso ci auguriamo che tempi così celeri siano usati anche per l’altro processo in corso, quello sulle responsabilità amministrative di chi ha permesso l’apertura del locale come discoteca e ha omesso i controlli".