Modena, Cave Rubbiani. La protesta di un residente: "Il mio pozzo è inquinato"

Paride Cintori è l’unico residente della zona non allacciato all’acquedotto: "Bevo solo acqua in bottiglia, aspetto da due mesi il sopralluogo di un tecnico"

Paride Cintori indica il pozzo che ha dovuto aprire nel suo giardino 4 anni fa

Paride Cintori indica il pozzo che ha dovuto aprire nel suo giardino 4 anni fa

Modena, 19 marzo 2018 – «Le analisi parlano chiaro: nel mio pozzo c’è un quantitativo di ferro esageratamente oltre i limiti insieme a una piccola presenza di ammoniaca. Intanto, sto ancora aspettando che il Comune mi richiami per l’allacciamento all’acquedotto».

Chiede all’amministrazione di battere un colpo Paride Cintori, residente in via Cave Rubbiani, area oggetto nei mesi scorsi di controlli e polemiche per la concentrazione di ferro e manganese nei pozzi, denunciata da Sabina Piccinini ed Emilio Salemme, rispettivamente consigliera della lista civica Nuova San Cesario e responsabile della Lac. Dalla sua il Comune ha sempre ribattuto punto su punto, rassicurando – anche alla luce delle analisi chimiche fatte dall’Ausl – sull’assenza di inquinamento nelle falde, circoscrivendo i quantitativi di elementi naturali (comunque al di sotto dei limiti previsti) nei soli pozzi «che però non sono collegati all’acquedotto e vengono usati soltanto per annaffiare e lavare».

Insomma, nessun pericolo per gli abitanti della zona. La pensano diversamente la Piccinini – che ha appena mandato una nuova lettera all’assessore Giulio Guerzoni – e il signor Cintori, unico residente di Cave Rubbiani non agganciato all’acquedotto. «Eravamo allacciati fino a quattro anni fa. Il problema – racconta – è che le tubature erano associate a una casa colonica venduta e trasformata poi in quattro villette. Questa modifica ha costretto a cambiare i collegamenti e, come spiegatomi ai tempi da Hera, la fognatura non era più adeguata a servire anche la nostra casa. Per questo – prosegue Cintori – sono stato costretto a creare un pozzo nel giardino di casa mia, ma ci siamo subito resi conto che l’acqua era torbida e inadatta al consumo umano». Da allora Paride deve fare scorta di acqua minerale al supermercato. «Non abbiamo scelta – confida -. Abbiamo installato anche dei sistemi di filtraggio per evitare che i vestiti si macchino durante i lavaggi». Quando l’anno passato scoppiò l’allarme per il ritrovamento di ammoniaca e mangano nei pozzi, la preoccupazione nella famiglia Cintori toccò i livelli massimi. «So che il Comune e l’Ausl sono venuti a fare dei prelievi – dice il residente – ma da me non si è fatto vivo nessuno. A fine estate mi sono arrivate a casa le analisi dell’Ausl che dimostrano l’assenza di sostanze anomale, ma i prelievi fatti dalla signora Piccinini nel mio pozzo dicono il contrario, con il ferro che è addirittura a 3.060 quando non dovrebbe superare i 250. Va bene che non beviamo quell’acqua, ma siamo comunque in ansia».

In autunno ecco l’apparente svolta, con il Comune che contatta Cintori: «Dicono che ho diritto all’acquedotto. Passa qualche settimana e mi annunciano l’arrivo di un tecnico di Hera per un sopralluogo. Sono passati però due mesi e ancora non si vede nessuno. A scanso di equivoci: io voglio pagare per l’allacciamento, mica pretendo un intervento gratis...». E sulla presenza fuori limite del ferro nel pozzo, la Piccinini ha interpellato con una lettera l’assessore all’Ambiente Guerzoni: «Se è vero – scrive la consigliera di San Cesario – che in tutta l’area della Cassa di espansione del fiume Po esiste uno strato di argilla continuo ed impermeabile che funziona da barriera naturale separando la falda superficiale dalle falde più profonde, per quale ragione riscontriamo la presenza di ammoniaca e ferro in un pozzo di oltre ottanta metri?».