"Ceramica, pronta l’argilla alternativa"

Muratori (Cisl): "Le aziende stanno preparando cocktail di terre per sopperire alla mancanza del materiale dall’Ucraina"

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"L’argilla alternativa a quella Ucraina per realizzare le ceramiche è in via di recupero, il problema ora però è anche garantire la continuità dei flussi di forniture: prevarrà la logica del più forte, sono a rischio le aziende più piccole". A disegnare la mappa dello scenario in corso è Massimo Muratori, segretario della Femca Cisl Emilia centrale, a stretto contatto con le aziende del comparto ceramico. "Le argille che arrivano dall’Ucraina, proprio dal porto di Mariupol (oggi e anche nel prossimo futuro fuori uso) sono molto pregiate – spiega Muratori -, garantiscono quella compattezza e quella resa estetica fondamentale soprattutto per le grandi lastre. Chi produce le piastrelle ordinarie è sicuramente meno penalizzato, perché ha subito rimpiazzato il materiale con soluzioni alternative in arrivo da Brasile, India, Turchia, Stati Uniti, Germania, la stessa Italia, per esempio la Sardegna". Chi invece punta sulle grandi lastre e il top di gamma ha attivato a pieno regime i laboratori aziendali per arrivare a un ‘cocktail’ che riproduca il valore aggiunto dell’argilla ucraina. Occorre in pratica cambiare la ricetta con ingredienti diversi per sfornare la stessa torta di prima: "Da quello che sappiamo le aziende sono sulla buona strada. E’ una corsa contro il tempo perché ci sono scorte per ancora un mese, poi finiranno".

Adesso il nodo però si sposta anche sul fronte logistico: "Un conto – osserva il sindacalista – è ottenere una partita di argilla una tantum, un altro è garantirsi un flusso costante tale da reggere l’intera produzione da Paesi con cui i collegamenti non sono rodati come dall’Ucraina". Il rischio è che alla lunga ad accaparrarsi le forniture saranno le aziende più forti, "quelle in grado di offrire contratti più remunerativi ai fornitori e alle aziende di trasporto. Mentre le più piccole potrebbero rimanere a secco e questo potrebbe avere ricadute sul fronte occupazionale: vorrebbe dire aprire un ulteriore tavolo sulla cassa integrazione, oltre a quella già prevista per i 4mila addetti". L’altro scoglio che continua a destare preoccupazione è la questione energetica: "Il prezzo del gas per fortuna sta calando, ora siamo di poco sopra i 100 euro a Megawatt quando a metà marzo era esploso a 300. L’ideale tuttavia, per cominciare a parlare di produzione sostenibile, sarebbe attestarsi almeno sugli 80". Ma al di là delle tariffe, cosa succederebbe se il presidente russo Vladimir Putin decidesse di chiudere del tutto i rubinetti del gas? Sul tavolo del governo si cominciano ad affastellare gli scenari possibili e uno di questi prevede il razionamento dell’energia e la necessità di rimodulare l’attività industriale di alcune filiere, tra cui proprio l’acciaio e la ceramica che lavorano a ciclo continuo: in sostanza significherebbe realizzare lo stesso livello di produzione concentrandosi solo in alcuni periodi dell’anno, così da ottenere il massimo con il minor utilizzo di energia possibile: "Sono ipotesi puramente teoriche -riflette Muratori - di sicuro si sta già parlando del fatto di lavorare ad agosto invece che nei mesi invernali, quando c’è più freddo. Saranno aperti tavoli sindacali a questo riguardo". Quanto al fatto di garantire la stessa produzione in meno tempo, "credo si possa arrivare al massimo a concentrarla in 9-10 mesi invece che in 11, ma non di più, perché non è che si possono aumentare i forni: le aziende sono già pieno regime e i lavoratori non possono essere spremuti. Inoltre gli ordinativi aumentano, la domanda è altissima".

Gianpaolo Annese