Chewing gum e cioccolata: il gusto della Liberazione

Anche quest’anno mi viene in mente quel giorno lontano della primavera del 1945. Era finita la guerra e sulla via Giardini guardavo passare una colonna interminabile di veicoli, camion, carri armati, jeep strane con sopra soldati sorridenti che ci gettavano cioccolate e chewing gum che non avevamo mai visto e assaggiato. Ricordo che una di quelle jeep si era fermata e sopra c’erano alcuni soldati, uno nero, mai visto un nero prima e per me era come vivere un film, ce n’era anche uno con la pelle scura, forse un discendente di quegli indiani Sioux del cinema Orientale mentre i bianchi, i visi pallidi, sembravano tutti Gary Cooper. Entravo anch’io in quel film non doppiato, perché non si capiva niente di quello che dicevano, ma avevamo capito dai gesti che il chewing-gum bisognava masticarlo e masticarlo e alcuni miei amici se lo passavano anche! Di fronte al duomo, coi leoni ancora coperti da sacchetti di sabbia, l’arcivescovo mons. Boccoleri benediceva le persone che erano attorno a lui. C’erano anche alcuni soldati italiani, dei partigiani, mentre la gente si riversava nelle strade ed entrava in duomo a ringraziare il Signore e san Geminiano. La città era in festa, ma portava le ferite della guerra, molte case erano distrutte e ricordo che tra san Paolo e Tre Re c’era una voragine enorme e anche in rua Muro e in fondo al portico del Collegio. Ma noi eravamo ancora vivi e incominciava un mondo nuovo, migliore, anche se con mille problemi ma la paura che ci attanagliava era finalmente sparita. Avevamo avuto paura di tutto, dei tedeschi, dei repubblichini, di certi partigiani e soprattutto dei bombardamenti. Era finito tutto e tutto incominciava. Andavo al cinema coi miei amici all’aperto in via G. M. Barbieri dove gli americani avevano requisito una villa e proiettavano i film su un lenzuolo che avevano teso in mezzo alla strada tra due alberi. Poi andavo anche al Principe, al Centrale, allo Spendor, all’Excelsior e i film erano ancora parlati in inglese con le didascalie. Poi l’estate, quella lunga e bellissima estate del 45, era finita e io andavo a scuola al san Giuseppe, ma qui incomincia un’altra storia. Chissà, forse ne riparleremo.

Beppe Zagaglia