Cold case: «Nostro fratello morto nei lager»

Mario Zaro era stato dichiarato caduto in battaglia nel ’44, ma il sito My Heritage ha restituito ai familiari una sconvolgente verità

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di Silvia Saracino

Per settant’anni hanno creduto che il loro fratello maggiore, arruolatosi nell’esercito dei partigiani di Tito, fosse morto nell’agosto del ’44 durante una sanguinosa battaglia contro i tedeschi sulle colline slovene. Ufficialmente disperso, fu dichiarato deceduto dal giudice del tribunale di Pirano nel 1948.

Nel 2019 è stato un social network, My Heritage, specializzato nel realizzare alberi genalogici, a rivelare la verità: il 18enne Mario Zaro è morto il 9 marzo del 1945 nel campo di concentramento di Mauthausen, una delle migliaia di vittime del lager nazista. Un epilogo agghiacciante per la famiglia residente a Carpi dove arrivarono da profughi istriani all’inizio negli anni Cinquanta ospiti del Villaggio San Marco allestito nell’ex campo di concentramento di Fossoli.

Il 27 gennaio Mario Zaro sarà uno dei nomi insigniti della medaglia d’onore che sarà consegnata ai familiari in Prefettura, in occasione della Giornata della Memoria.

«Siamo contenti di questo riconoscimento, ma la verità sulla morte di nostro fratello ci ha sconvolto» raccontano Silvio e Fiorella Zaro, oggi ultrasettantenni. Il fratello Mario, il primo di sette, non l’hanno nemmeno conosciuto, ma la mamma ne parlava in continuazione.

«Diceva sempre che era il più bravo e buono, il migliore di tutti».

Di Mario, che nacque nell’agosto del 1926 a Isola d’Istria, oggi resta solo una piccola foto tessera sbiadita: un ragazzo con i capelli impomatati, la giacca e la cravatta, lo sguardo interrogativo.

Un giorno ricevette a casa una cartolina che non lasciava molta scelta: arruolarsi con i Repubblichini o nascondersi tra le montagne.

«Dopo aver assistito all’uccisione di un suo amico, che stava scappando, da parte della pattuglia tedesca, prese la decisione di partire per unirsi ai partigiani di Tito» racconta Silvio Zaro.

Lasciò Isola d’Istria, le sue pecore e la terra e imbracciò il fucile. Era il giugno del 1944, assieme a lui partì anche uno zio, fratello della madre.

Dopo due mesi i combattenti si fronteggiarono sulle colline di Novo Mesto in Slovenia, si combatteva all’ultimo sangue, senza tregua.

«Lo zio ci ha raccontato che stavano combattendo insieme, poi a un certo punto si sono divisi e non si sono più visti» raccontano i fratelli.

Tutti pensavano che Mario fosse stato ucciso in battaglia e poi gettato cadavere in qualche fossa comune e per questo il corpo non fu mai trovato.

E invece, quel giorno di agosto del 1944, Mario Zaro uscì vivo dalle colline di Novo Mesto. Era riuscito a sfuggire ai tedeschi e rimase nascosto fino a quando le acque non si calmarono.

Iniziò a camminare per tornare a casa, a Isola, sognando il tepore del fuoco e della famiglia. Camminò per due mesi, percorrendo 170 chilometri e a poca distanza dalla salvezza, il 10 novembre, venne catturato dai soldati tedeschi e deportato a Mauthausen, da cui non fece più ritorno.

Informazioni precise contenute nella copia di documenti originali spediti alla famiglia Zaro dal portale My Heritage, a cui la nipote si era rivolta per ricostruire l’albero genealogico della famiglia. Una semplice curiosità che ha invece risolto un cold case di cui nemmeno lo Stato italiano aveva immaginato l’epilogo: «Nostra madre chiese di poter ottenere la pensione di guerra ma il ministero non l’ha mai riconosciuta dicendo che Mario aveva combattuto per uno Stato straniero» raccontano Silvio e Fiorella.