Coronavirus. "Noi, bloccati a Wuhan e senza risposte"

Cinque modenesi nel la città ’in quarantena’: "Siamo in albergo e aspettiamo indicazioni, speriamo finisca presto"

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Modena, 28 gennaio 2020 - Michel Talignani, 45enne modenese, site manager per un’azienda del settore ceramico, si trova bloccato insieme ad altri quattro colleghi, sempre della nostra provincia, a Wuhan, in Cina, dove è esplosa l’epidemia da coronavirus. I cinque modenesi partiti la scorsa settimana per la città cinese sarebbero dovuti rientrare a giorni in Italia ma con l’aumento dei casi di contagio tutto è cambiato; da quattro giorni sono segregati giorno e notte in hotel in attesa di essere trasferiti in una struttura sanitaria dove resteranno in quarantena per scongiurare la presenza del pericoloso virus. L’incertezza è massima, mentre l’Oms nella giornata di ieri ha dichiarato che a livello globale il rischio di contagio da coronavirus è elevato. Si è messa così in moto la macchina della istituzioni e della diplomazia per sbloccare la situazione ma ancora non hanno ricevuto risposte certe. La moglie e i due figli di Michel, 13 e 10 anni, si dicono molto preoccupati, non sanno quando potranno rivedere il loro famigliare. Da quanto si trova a Wuhan? «Dal 22 gennaio. Quando sono partito la Farnesina considerava questo problema con rischio basso per cui la mia azienda ha deciso di farmi partire. Nei due giorni per raggiungere Wuhan la situazione è precipitata. Sono arrivato a Wuhan la mattina del 22 , in Italia era ancora notte fonda. In quelle ore il rischio di contagio è aumentato e, valutata la situazione d’emergenza, l’azienda ha deciso per un nostro rientro immediato. Il tempo per riorganizzare il viaggio ma è stato tutto vano. La nottata che dovevamo partire hanno chiuso tutto, l’aeroporto, gli ingressi e le uscite dalla città, Nessuno poteva muoversi, né treni, né bus né auto; è tutto fermo. La città è deserta e noi dal 23 gennaio siamo blindati in hotel». Che disposizioni avete? Potete muovervi? «Come tutti al di fuori della camera abbiamo l’obbligo di indossare la mascherina. Non è vietato ma è sconsigliato uscire dall’hotel e frequentare luoghi affollati. Sono insieme ad altri quattro colleghi, due di loro erano partiti insieme a me mentre altri due altri erano già qui e non hanno fatto in tempo a rientrare in Italia. Siamo praticamente segregati». Che comunicazioni avete?  «Le comunicazioni sono tante e non si capisce al momento cosa succederà.L’ambasciata italiana a Pechino avrebbe organizzato un trasporto via terra per farci uscire dalla città e portarci in una città dove non è stato ancora rilevato alcun contagio; una delle città ancora aperte insomma. Il programma è di farci restare lì in isolamento, chiamiamola quarantena, per vedere gli sviluppi della situazione». Sapete in quale struttura vi porteranno? «Dovrebbe essere una struttura sanitaria/ospedaliera. Questo è quello che avrebbe stabilito l’ambasciata italiana a Pechino insieme alle autorità locali ma noi speriamo vivamente di poterla evitare. Le date di questo spostamento non si sanno ancora perché stanno aspettando un’autorizzazione dalle autorità locali per farci uscire dalla città. Nel frattempo noi siamo bloccati qui, non sappiamo niente. Ci sono un sacco di voci; da quelle di un trasporto via terra fino ad un ponte aereo. Ci sono un sacco di idee, un sacco di proposte ma di concreto ancora non abbiamo nulla e non ci resta che stare qui». Fisicamente avete avuto problemi? «Fisicamente noi ci sentiamo bene; siamo controllati, ci controllano la temperatura regolarmente, anche se sappiamo che non è sufficiente. Se non abbiamo la febbre è però già una nota positiva. Noi rimaniamo in attesa, l’incertezza è davvero tanta speriamo che la situazione si sblocchi presto».