Coronavirus Modena "Noi, infermieri e medici lontani dai nostri cari"

Chiara Tintorri lavora a Baggiovara: in un video ringrazia tutti i suoi colleghi. "Non vedo mia figlia da un mese, ma è il momento di tenere duro"

L'ospedale di Baggiovara in prima linea contro il virus

L'ospedale di Baggiovara in prima linea contro il virus

Modena, 4 aprile 2020 - "Dio ha voluto che lo sguardo fosse la sola cosa che l’uomo non può nascondere. Tutto andrà bene". E poi scorrono i loro sguardi, l’unica cosa che le mascherine non possono coprire. Dietro al sorriso apparente c’è anche tanta stanchezza. E sulle note de ‘La cura’ di Franco Battiato una frase che dona conforto: ’Le cicatrici sono il segno che è stata dura; il sorriso che ce l’hai fatta’. E’ con un video dedicato a tutti gli infermieri di Baggiovara che Chiara Tintorri, a sua volta infermiera da dodici anni ha voluto mandare loro un messaggio di coraggio ma, soprattutto, di ringraziamento. "Dobbiamo premiarci per la nostra forza e restare uniti per riuscire a vincere" afferma Chiara.

Come ha vissuto l’inizio dell’emergenza? "Inizialmente tutti avevamo molta paura e la abbiamo anche oggi perché è una cosa nuova. Fortunatamente siamo stati tutti uniti anche grazie ai caposala Umberto Filippi e Federico Abbotoni che ci sono sempre stati accanto e ci hanno seguito passo dopo passo, individuando le soluzioni migliori per lavorare in sicurezza. Sono contenta di essere a Modena perché posso dire che l’ospedale ha tutto e siamo pronti a tutto".

Si è tanto discusso della carenza di dispositivi di protezione personale… "Noi sinceramente, in qualità di infermieri nelle sale operatorie, le avevamo già, quindi non l’abbiamo vissuta male. Il terrore più grande, sin dal principio era quello di portare a casa il virus alle persone a noi care. In tanti si sono visti costretti ad allontanare le proprie famiglie e questo è stato per tanti, me per prima, il vero trauma: l’impossibilità, nel momento più difficile, di avere accanto le persone che amiamo. Avevo paura di contagiare la mia bimba di 9 anni e sin dall’inizio dell’emergenza ho preferito mandarla a Sestola, dai miei genitori. E’ da un mese che non la vedo. La stessa sofferenza la vive il mio team: nel nostro gruppo tutti ci siamo isolati da figli e genitori".

Da cosa nasce l’idea del video? "E’ stato creato in una situazione in cui avevamo bisogno di aiutarci l’uno con l’altro. Il più delle volte lavoriamo con l’adrenalina nel sangue perché amiamo il nostro lavoro. Quando però sali in auto, la sera, da sola ti invade la tristezza; lo sconforto, la paura di combattere qualcosa che non vedi ma che senti molto bene e che ti fa paura. Così ho deciso di fare qualcosa per tutti noi: siamo un gruppo di sessanta infermieri. Un messaggio che sottolineasse l’importanza di restare uniti anche se le nostre mansioni sono cambiate".

Qual è l’aspetto più brutto per chi è in prima linea come voi? "La paura di sbagliare. Di solito abbiamo a che fare con interventi che sappiamo fare o, comunque, che già abbiamo affrontato. Questa situazione è nuova per tutti. E poi c’è lo strazio dei parenti: non possono vedere i loro cari ricoverati o deceduti se non, a volte, per pochi secondi. E’ straziante".

Finita l’emergenza qual è la prima cosa che farà? "Mi abbandonerò in un lungo pianto: dobbiamo scaricare la tensione. Perché è la cosa che fa più male. Abbiamo bisogno di lasciarci andare ma ora non possiamo ancora farlo: oggi è il momento di tenere duro".