Così l’epidemia ha congelato le imprese

L’analisi della Camera di commercio: le iscrizioni sono crollate del 20% rispetto al 2019, in forte calo anche le cancellazioni

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Il tessuto imprenditoriale è stato congelato dal Covid. E’ quanto emerge dai dati relativi alla ’natalità’ e ’mortalità’ delle imprese nell’anno 2020. I dati Infocamere sono stati elaborati dal Centro studi e statistica della Camera di commercio. Le imprese che alla fine dell’anno scorso risultavano registrate sono 72.238, con un calo congiunturale dello 0,5%, pari a 330 imprese in meno rispetto al 30 settembre. L’esame dell’intero anno mostra invece un calo superiore, 523 imprese in meno rispetto al 31 dicembre 2019, con una variazione tendenziale del -0,7%. La Camera di commercio precisa che, a tale diminuzione, concorrono anche 173 imprese cancellate d’ufficio perché non più operanti ma ancora iscritte al registro. A livello regionale l’andamento è simile (-0,6%), mentre in Italia la diminuzione è più contenuta (-0,2%).

Come anticipato, però, l’aspetto veramente particolare degli effetti della pandemia sul tessuto imprenditoriale è la sensibile diminuzione delle movimentazioni del registro Imprese. Infatti nel 2020 le iscrizioni totali ammontano a 3.427 con un calo del 19,7% rispetto al 2019, mentre le cessazioni non d’ufficio sono diminuite del 14% raggiungendo un ammontare di 3.781. Il tessuto imprenditoriale sembra pertanto immobilizzato, in attesa dell’evolversi dei contagi e dei risultati dei ristori messi in campo dal governo.

L’esame delle imprese attive per forma giuridica mostra come le società di capitale siano le uniche che continuano ad aumentare (+2,5%), mentre scendono inesorabilmente le società di persone (-2,7%), seguite dalle ’altre forme giuridiche’ (-1,8%) e dalle imprese individuali (-1,7%). La diminuzione delle imprese che hanno dichiarato l’effettivo inizio di attività, cioè delle imprese attive, è più marcata di quelle registrate, scende infatti al -0,8% la variazione tendenziale e quasi tutti i macrosettori risultano negativi, a partire dall’agricoltura (-2,7%), seguita dall’industria manifatturiera (-1,5%) e dai servizi (-0,6%). Rimangono positive le imprese delle costruzioni (+0,7%) forse per gli incentivi alle ristrutturazioni emanati dal governo. Il dettaglio dell’industria manifatturiera indica un aumento solamente nei settori che producono beni necessari alla cura del Covid come l’industria chimica e farmaceutica (+6,0%), la fabbricazione di articoli in gomma e plastica (+4,3%), rimane inoltre in crescita anche la riparazione e manutenzione di macchinari (+4,4%). Tutti gli altri settori perdono imprese, in particolare il tessile abbigliamento (-3,9%), la fabbricazione di carta e prodotti di carta (-3,8%), l’industria del legno (-3,6%), la ceramica (-3,4%) e la fabbricazione di mobili (-3,2%). Risulta stabile la produzione di mezzi di trasporto.

Nel terziario invece gli andamenti sono diversificati, ad esempio è buono l’andamento dell’istruzione (+4,3%), delle attività finanziarie e assicurative (+4,2%) e discreta la crescita del noleggio e servizi di supporto alle imprese (+0,9%) e delle attività professionali scientifiche e tecniche (+0,6%). Cominciano invece a palesarsi gli effetti delle chiusure sul commercio (-2,3%), sul trasporto e magazzinaggio (-1,2%) e sulla sanità e assistenza sociale (-1,3%). Rimangono pressoché stabili i servizi di alloggio e ristorazione (+0,3%) anche se sono i più colpiti dalle restrizioni di legge.