Dal carcere al palco "Nel mio Amleto solo attori"

Stasera e domani al teatro Dadà di Castelfranco in scena i detenuti. Il regista Stefano Tè: "Non c’è distinzione con gli artisti professionisti".

Dal carcere al palco  "Nel mio Amleto solo attori"

Dal carcere al palco "Nel mio Amleto solo attori"

di Maria Silvia Cabri

Shakespeare in scena stasera e domani al Teatro ‘Dadà’ di Castelfranco, con il debutto di ‘Amleto’, il nuovo spettacolo di Teatro dei Venti realizzato all’interno dei progetti nel carcere di Castelfranco Emilia. Un’anteprima realizzata in coproduzione con Emilia Romagna Teatro Ert Teatro nazionale: un riconoscimento importante come spiega regista del Teatro dei Venti Stefano Tè.

Stefano, capitolo finale della trilogia?

"Esatto, con ‘Amleto’ si conclude la trilogia che Teatro dei Venti ha dedicato a Shakespeare e composta da ‘Giulio Cesare’ (con i detenuti del Sant’Anna ) e ‘Macbeth’ (con i carcerati sia di Modena che di Castelfranco) in versione radiofonica. Il nostro ‘Amleto’ vedrà in scena sia carcerati-attori che attori esterni professionisti".

Perché la coproduzione con Ert è importante?

"Segna lo spostamento dal ‘teatro-sociale’ al ‘teatro-teatro’. I detenuti che fanno parte del progetto hanno un regolare contratto da attori e sono retribuiti"

Coma nasce la sua collaborazione con il carcere di Castelfranco?

"Ha radici lontane: dal 2006 collaboro con questa realtà per realizzare progetti di creazione artistica e di professionalizzazione. In questi anni il sostegno della direzione, degli educatori e della Polizia penitenziaria è stato essenziale anche nell’ideazione dei progetti, nel trovare soluzioni, nel creare occasioni di incontro tra carcere e città, attraverso il teatro. Nei mesi scorsi abbiamo allestito in carcere uno spazio teatrale attrezzato, l’ex falegnameria, per provare in un ambiente funzionale, prima di entrare al ‘Dadà’ per le ultime prove e il debutto".

Cosa significa professionalizzazione in questo ambito?

"Questo spettacolo segna il primo esperimento di professionalizzazione dei detenuti nell’ambito del progetto europeo AHOS All Hands On Stage, a cui aderiscono per 30 mesi organizzazioni e Istituti penitenziari di 5 paesi (Italia, Germania, Polonia, Romania e Serbia) per coinvolgere i carcerati in processi di inserimento lavorativo nell’ambito dello spettacolo dal vivo". Prospettiva inclusiva?

"Certo. Le scenografie e costumi sono stati disegnati da Francesco, uno dei partecipanti, detenuto. La nostra ambizione è quella di creare un Laboratorio di scenografia in carcere, al servizio dei teatri. Il carcere può essere un luogo dove si produce cultura, pensiero. E ciò può essere visto anche nell’ottica del reinserimento nel mondo sociale e del lavoro, una volta terminata la pena. Reinserimento che è molto difficile per il persistere anche di tanti pregiudizi".

Quanti attori sul palco?

Quindici: dieci detenuti e cinque professionisti. Amleto è interpretato da un carcerato, come il re, mentre Ofelia da un’attrice esterna".