Delitto Montanari: "Clima teso in reparto. Ma nessuno parlò di un parto sospetto"

Tanti ancora i misteri dietro all’omicidio avvenuto nel 1981. L’ex ispettore Zaccaria: "Sul tema, all’epoca, nemmeno una parola".

Delitto Montanari: "Clima teso in reparto. Ma nessuno parlò di un parto sospetto"
Delitto Montanari: "Clima teso in reparto. Ma nessuno parlò di un parto sospetto"

di Valentina Reggiani

"Il clima all’interno della clinica era sicuramente teso e qualcuno potrebbe aver istigato questa persona – se così le cose sono andate – contro il professore. Sicuramente in quel particolare momento in tanti gli puntavano il dito contro. Noi eravamo giovani ma tutti sapevano che il suo arrivo aveva creato malumori". Ci sono ancora tanti punti oscuri, sicuramente, dietro al terribile delitto di Giorgio Montanari, direttore della clinica ostetrico ginecologica del Policlinico, travolto da una raffica di colpi di arma da fuoco nel 1981 mentre tornava dall’ospedale dopo una giornata di lavoro. A seguito di quei terribili colpi di proiettile all’epoca, sicuramente, ci sono state anche tante cose non dette e situazioni poco chiare in un reparto in cui qualcosa di grave è comunque accaduto. Come noto, infatti, la procura ha recentemente iscritto nel registro degli indagati un uomo di 65 anni che potrebbe aver ucciso il professore spinto dalla ‘sete di vendetta’. Parliamo di una persona, infatti, che assistette alla nascita del proprio figlio, venuto alla luce dopo un parto difficile con gravi deficit. Pare che quella notte, nonostante le sofferenze della donna e un tracciato del feto ‘problematico’ non si trovasse il medico di guardia. La famiglia del bambino in questione – è una ipotesi – potrebbe quindi aver puntato il dito, per le gravi condizioni del neonato, contro i ritardi assistenziali. Il punto è che il professore non entrava mai in sala parto ma pare che di situazioni critiche, di parti difficili in quel momento ce ne fossero stati diversi. Le indagini della squadra mobile, diretta da Mario Paternoster, sono ancora in corso. "Mi sono fatta l’idea che non fosse al corrente di quanto accaduto: è stato un capro espiatorio" ha affermato la criminologa Antonella Delfino Pesce, consulente nominata dalla vedova della vittima. Anna Ponti, 94 anni, che mai si arresa alla chiusura del caso sull’efferato delitto del marito sottolinea di non essere stata a conoscenza di nulla, soprattutto di eventuali ‘incidenti’ in sala parto.

"Non mi ha parlato di nulla in quei giorni e, soprattutto, non entrava in sala parto. Io seguo la signora da qualche anno e il mio contributo banalmente - ma non così banalmente in questo caso - è stata portarla a conoscenza delle carte, degli atti di indagine che mai aveva potuto esaminare – afferma il legale della vedova, l’avvocato Agnese Sbraccia – Non abbiamo ancora avuto notizia di chiusura indagini e non abbiamo avuto a disposizione gli atti di indagine. Quindi al momento facciamo fatica ad esprimerci in merito: occorrerà avere accesso al fascicolo. L’indagine è pendente al momento ma è presto per prendere posizione dal punto difensivo: si sta in attesa di poter esaminare le risultanze. Mi aspetto che ‘il lavoro sia maturo’. "All’epoca nessuno ci parlò di questi parti sospetti ma c’erano anche parti politiche in mezzo. Quello che posso dire è che non fu fatta ‘mezza chiacchiera’ su questi parti difficili – sottolinea l’ex ispettore della squadra mobile Giuseppe Zaccaria che fu tra i primi, l’8 gennaio del 1981 ad arrivare nel parcheggio del Policlinico – Inoltre l’assassino utilizzo un’arma vetusta; sparò a pochissima distanza e in una zona buia. Parliamo sicuramente di un incensurato, altrimenti nel mondo della malavita qualcuno avrebbe ‘cantato’ e sicuramente mosso dall’esasperazione, accecato dalla rabbia. All’epoca c’erano fiori di investigatori al lavoro e posso assicurare che il materiale era tanto ma tutto è stato cristallizzato successivamente".