Donne con il burqa, scatta la tolleranza zero

Delibera della giunta Menani: «No al volto coperto nei luoghi pubblici». Rischio sanzioni fino a 2mila euro e pene fino a due anni di galera

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di Gianpaolo Annese

Da oggi chi gira con il burqa o il niqab a Sassuolo potrebbe avere problemi. È stata approvata ieri in giunta una delibera che dà impulso alla polizia municipale e sollecita le forze dell’ordine ad applicare la legge che già prevede il divieto di circolare in luoghi pubblici con il viso travisato. Un reato perseguibile d’ufficio (senza necessità di denuncia) oggi punibile fino a 2mila euro di multa e due anni di reclusione. «In città – spiega il sindaco Gian Francesco Menani – c’è apprensione per la presenza di persone che girano a volto coperto. La legge italiana prescrive dal 1975 il divieto, e anzi nel 2005 ha inasprito le pene». Della delibera sarà presto informato anche il prefetto per farsi interprete presso le forze dell’ordine «dell’instanza di sicurezza avanzata dalla collettività».

Nel mirino dell’amministrazione comunale ci sono in particolare indumenti legati alla cultura islamica come il burqa (velo integrale islamico) e il niqab (che scopre solo gli occhi). Sul rischio che il provvedimento – che non ha la valenza di un’ordinanza – possa in qualche modo limitare la libertà religiosa Menani specifica che «la delibera ha una valenza generale e riguarda tutti coloro che per esempio in una manifestazione (come già successo a Modena e Carpi) indossano caschi o passamontagna». Allo stesso modo, «vale anche per chi indossa copricapi che possano impedire l’identificazione di una persona. Non si può girare a volto coperto per strada o in un supermercato, come avvenuto a Sassuolo». A segnalare di recente alcuni episodi era stata la consigliera di Forza Italia Claudia Severi, che ha sollecitato la giunta ad assumere iniziative.

«La presenza di persone con il burqa o il niqab – fa presente Menani – oltre a violare specifiche norme di legge, contribuisce a creare disagio e insicurezza nella popolazione». Sull’argomento, si legge nella delibera approvata dalla giunta, «si è formato anche un orientamento giurisprudenziale che ribadisce la necessità di evitare occultamenti o travisamenti di identità, anche per scongiurare atti di terrorismo internazionale, ricomprendendo anche quelli di matrice islamica, nella cui cultura religiosa risiede l’obbligo di indossare gli indumenti il cui uso in luoghi aperti al pubblico con questa deliberazione si intende stigmatizzare».

Ma come deve comportarsi un agente se incontra una persona coperta dal burqa a Sassuolo? Su questo l’atto amministrativo non si esprime, ma per analogia con quanto succede nel resto d’Europa l’agente non potrebbe obbligare la donna a scoprirsi il volto in luogo pubblico (potrebbe configurarsi come violazione della libertà religiosa) e dovrà accompagnarla al comando per l’identificazione. In teoria si potrebbe arrivare alla denuncia e va detto che in passato la Lega aveva presentato a livello nazionale una proposta di legge per prevedere anche l’arresto in flagranza per chi indossasse il burqa. Opzione che però al momento non è mai passata, sebbene la legge del 1975 preveda che coprirsi il volto nel corso di pubbliche manifestazioni possa comportare anche l’uso delle manette. Ma occorre inquadrare quella norma nel contesto dei cortei di contestazione e degli episodi di guerriglia urbana negli ‘anni di piombo’. Di rilievo sicuramente il pronunciamento a ottobre della corte d’Appello di Milano. Un cartello di associazioni aveva portato in tribunale la Regione Lombardia dopo l’approvazione della delibera del 2015 che vietava, per ragioni di sicurezza, l’ingresso alle donne con il burqa in luoghi pubblici. La Corte ha confermato quanto già stabilito con sentenza il 20 aprile 2017 in primo grado dal Tribunale e cioè che «il divieto di ingresso a volto coperto appare giustificato e ragionevole alla luce della esigenza di identificare coloro che accedono in luoghi pubblici, con elevato numero di persone».