Donne umiliate e picchiate, oltre 80 vittime

Solo nel 2018 59 nuovi casi tra le mura domestiche. Il Centro antiviolenza ha aperto una casa-rifugio per aiutarle a rifarsi una vita

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Denigrata dal marito a tal punto da non essere più in grado di decidere autonomamente cosa indossare e cosa mangiare.

Era in queste condizioni una donna che si è rivolta al Centro antiviolenza Vivere Donna onlus per chiedere aiuto, una delle vittime di mariti e compagni che vivono nel territorio dell’Unione Terre d’Argine.

Da undici anni il Centro, forte di volontarie che gestiscono sportelli di ascolto a Carpi, Soliera, Campogalliano e Novi, aiuta le vittime ad uscire da incubi che nascono tra le mura domestiche. Ora il tassello che mancava, nella filiera che comprende anche psicologhe ed educatrici, è stato trovato: il Centro, tramite l’Unione Terre d’Argine, ha ottenuto un finanziamento di 40mila euro dalla Regione con cui ha preso in affitto una casa-rifugio a Carpi.

«A differenza della struttura d’emergenza che ci consente di ospitare donne fino a tre settimane, questa casa accoglie le donne e i loro bambini fino a tre mesi ed è dotata di sette posti letto più una culla» spiega Alice Degl’Innocenti vice presidente della onlus. «In questo modo le donne hanno il tempo di iniziare a rifarsi un’altra vita e sono assistite da educatrici professioniste che aiutano anche il minore ad affrontare l’abbandono della casa di famiglia».

Lo scorso anno sono salite a 82 le donne assistite dal Centro di cui ben 59 sono ’nuove’ vittime. Di queste, 42 sono italiane e 17 sono straniere, soprattutto di origine nordafricana. Tante di loro non denunciano i mariti o compagni perché subiscono una sorta di ricatto del permesso di soggiorno.

«Tante volte le donne straniere non hanno il coraggio di denunciare perché sono in attesa del ricongiungimento familiare e quindi sono vincolate all’ottenimento del permesso di soggiorno»..

L’età prevalente va dai 25 a 45 anni ma arrivano sempre di più donne over 60 che dopo tanti anni di matrimonio non riescono più a vivere con i loro mariti.

Trasversale alla violenza, dicono le responsabili del Centro, è il livello di istruzione e le condizioni economiche delle vittime.

«Arrivano da noi anche donne che hanno un buon lavoro e un alto livello di istruzione».

Variegata è la composizione della violenza domestica: 52 violenze psicologiche, 25 violenze definite ’economiche’, 11 violenze sessuali e 38 violenze fisiche.

Una statistica che fotografa un mondo fatto non solo di percosse ma anche di vessazioni e umiliazioni. «Solitamente la violenza psicologica accompagna tutti gli altri tipi di violenza» spiega Degl’Innocenti e racconta un caso emblematico: una donna che non poteva più uscire di casa non perché vi fosse rinchiusa ma perché completamente soggiogata dal marito geloso.

A volte le chiavi che chiudono una porta non sono di metallo ma fatte di paura e costruite anno dopo anno dal cosiddetto ’manipolatore’.

«Ci sono mariti e compagni manipolatori che nel tempo portano la moglie o compagna ad annullarsi completamente: quando queste donne arrivano da noi non sono in grado di riconoscere da sole cosa è giusto e cosa è sbagliato».

Alla denigrazione ripetuta si aggiunge spesso anche l’isolamento, «i manipolatori fanno in modo che le donne non abbiano più una rete di amici o familiari con cui parlare». A tutto questo si aggiungono le percosse, che non mancano: donne con gli arti fratturati o le costole rotte: «Nel 2019 abbiamo registrato una violenza più cruenta».

La nuova casa-rifugio è una scialuppa di salvataggio e quando il finanziamento sarà terminato la struttura entrerà nella rete regionale dei centri antiviolenza».