"Dopo la prima scossa troppa fretta Vittime da 8 anni senza giustizia"

Anna De Prisco, che perse il figlio tra le macerie Haemotronic: "Dovevano fermare tutto come per il Covid"

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"Un gesto nobile, affettuoso…. Sono grata al sindaco di Medolla Alberto Calciolari per aver organizzato, lo scorso lunedì, la santa messa per mio figlio e per le altre tre vittime della biomedicale Haemotronic, crollata sotto le scosse sismiche del 29 maggio 2012. Ringrazio anche gli altri otto sindaci dell’Area Nord, presenti alla cerimonia. Mi hanno fatto omaggio di un bellissimo mazzo di fiori. Un gesto splendido, mi sono sentita compresa e meno sola".

Anna De Prisco, mamma di Giordano Visconti, lotta da otto anni "contro i mulini a vento, ma lotto comunque per avere giustizia per il mio ragazzo e per i suoi colleghi". Oggi è in attesa del responso della Corte Europea.

Signora Anna, l’inchiesta penale relativa alle morti di suo figlio Giordano e degli altri tre giovani (Paolo Siclari, Matteo Serra, Biagio Santucci) è stata archiviata, la richiesta da lei avanzata di riapertura delle indagini rigettata, e a dicembre scorso è ricorsa alla Corte Europea, perché?

"Perché nonostante siano trascorsi otto anni per me è passato un giorno. Provo lo stesso dolore, la stessa rabbia. Dalla prima scossa del 20 maggio a quella del 29 la terra ha continuato a tremare, quasi a gridare ‘pericolo’, eppure nessuno ha ascoltato quel grido. Nessuno ha compreso che quei capannoni costruiti senza antisismica, in anni in cui la nostra terra era considerata a rischio zero, potevano crollare sotto il peso di altre scosse, e così è stato. Non mi arrendo, voglio giustizia per chi non c’è più".

Aveva scritto anche al Presidente Mattarella, è così?

"Quando venne in visita a Mirandola gli consegnai una lettera, gli chiesi aiuto per fare luce sull’inchiesta. Mi fece una carezza, e pochi giorni dopo mi arrivò l’invito a presentarmi all’allora Prefetto di Modena. Fu un colloquio comprensivo, ma non portò a nulla".

E’ fiduciosa nel verdetto della Corte Europea?

"Non avrei altrimenti presentato ricorso, ma è comunque una sconfitta dover arrivare alla Corte Europea. Lo Stato italiano doveva fare giustizia, portarmi la sentenza su un vassoio d’argento. Voglio che il mio ragazzo da lassù pensi che la sua mamma ha fatto tutto, ma proprio tutto quello che poteva fare per lui, per i colleghi e, simbolicamente, per tutte le vittime del sisma. Confido che i giudici europei comprendano le mie ragioni".

Di mamma addolorata?

"Non parlo della sfera emotiva, ma di cosa doveva essere fatto. Nel 2012 serviva una ordinanza di chiusura forzata delle attività economiche; è stato un errore rilasciare certificati di agibilità. Le imprese andavano chiuse, messe in sicurezza e solo successivamente riaperte. Bisognava fermare tutto come hanno fatto lo Stato e i Governatori regionali per l’emergenza Covid".

Due drammi diversi però, non trova?

"Differenti, è vero. Il sisma scuote la terra, le case, le imprese, il virus attacca l’uomo. Terremoto e Covid, tuttavia, hanno un comun denominatore: sono entrambi un pericolo per la vita umana. Sono due facce dello stesso mostro, la morte".

Durante il sisma è stato sottovalutato il pericolo, durante il Covid no?

"C’è stata fretta, fretta di riaprire le aziende. Per il Covid, dopo il ritardo iniziale che ha mietuto vittime, si è corsi ai ripari, si è fermato il mondo. Tanto più nel 2012 poteva fermarsi la Bassa modenese, un minuscolo puntino sulla carta geografica in rapporto ai cinque continenti. Nel 2012 la gente viveva per strada, era vietato tornare nelle abitazioni, che sussultavano sotto le scosse intermittenti, ma nelle aziende sì. Non si è avuto riguardo per i lavoratori, ma ha prevalso l’interesse economico".

Il Covid insegnerà qualcosa?

"La vita umana è un bene prezioso, va difesa sempre. Il Covid ci ha insegnato a non avere fretta, ad attendere il tempo necessario perché il pericolo si allontani. Lo stesso si doveva fare nel 2012: aspettare".

Viviana Bruschi