«Eccidio Fonderie, memoria ‘traballante’»

Arturo Ghinelli, nipote di una delle vittime: «A Genova hanno una lapide, qui solo un cippo. E gli eventi vanno curati con più attenzione»

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Il 9 gennaio 1950 è una ferita aperta nella memoria collettiva di Modena e del nostro paese. Sei manifestanti uccisi nei disordini avvenuti davanti alle Fonderie che, secondo qualcuno, non hanno ancora trovato il giusto tributo. A dare voce a questo pensiero è Arturo Ghinelli, nipote di Arturo Malagoli che perse la vita ad appena 21 anni.

Ghinelli, facciamo un salto indietro, a quel tragico 9 gennaio del 1950.

«Mia mamma Iride era nella sua casa di via Carteria con me nel pancione, accolse Arturo, suo fratello, che arrivava da Nonatola in bicicletta per partecipare alla manifestazione e la ripose lì da lei, in modo che la custodisse... Purtroppo non ebbe più modo di tornarla a prendere».

Cosa accadde di preciso?

«Con il tempo siamo riusciti a ricostruire la vicenda, tramite gli scritti, i giornali e anche alla testimonianza di una bambina... Arturo fu ferito da un colpo partito dalla terrazza delle Fonderie, cadde nel fossato e lì lo finirono sparandogli un altro colpo. Mia madre, ovvero sua sorella, lo venne a sapere qualche ora dopo perchè i vigili andarono a casa di mia nonna Alfonsina, a Nonatola, per informarla dell’accaduto: i vicini di casa si ricordano ancora quell’urlo di dolore straziante... Quando vide il vigile aveva già capito tutto».

Un massacro che non è ancora stato onorato nella maniera più consona dalla città di Modena?

«Le dico solo questo, a Genova c’è una lapide molto grande che ricorda le sei vittime di Modena, mentre qui da noi non c’è. C’è solo un cippo: l’è ‘na vergogna (è una vergogna, ndr)! Lo dico in dialetto così rende meglio l’idea».

Il sacrificio di quei sei uomini è stato inutile?

«Non credo, perché a Modena è stato fatto molto per arrivare ad avere più sensibilità sulle tematiche dei diritti dei lavoratori, ma ho usato il passato prossimo non a caso perché i giovani di oggi incontrano troppe difficoltà. L’altro giorno leggevo di uno di quei ragazzi che fanno i corrieri per i ristoranti che si è quasi ammazzato, lavorano in condizioni inaccettabili».

Nell’area delle ex Fonderie è in corso d’opera una riqualificazione che dovrebbe poi destinare lo stabile all’istituto storico. È una prospettiva che la soddisfa?

«Di questo sono sicuramente soddisfatto, la zona potrebbe diventare più bella, ma sono altre cose che sono successe che mi danno fastidio>.

A cosa si riferisce?

«Gli episodi sono parecchi, ma ne racconto due, il primo: il 9 gennaio del 2019 l’opera del Collettivo Fx venne strappata dalla Digos perché ritenuta ‘indecorosa’, quest’anno al suo posto abbiamo trovato un cartellone pubblicitario dei saldi di mobili: una vergogna, qui si tratta di saldi culturali, altrochè».

E l’altro episodio a cui accennava?

«Il 10 gennaio il giornalista Carlo Lucarelli ha fatto una bellissima serata, ripercorrendo tutti gli episodi di quel 9 gennaio e le testimonianze successive, purtroppo però oltre 200 persone sono rimaste fuori dalla Tenda, tra queste c’erano anche i familiari di alcune vittime, come Ermanno Appiani».

Insomma, non crede sia stato fatto abbastanza.

«Proprio così, per quello che riguarda questi due episodi e, più in generale, nei 70 anni che sono trascorsi da quel massacro di innocenti».

Francesco Pioppi