
di Davide Miserendino
"Lo spirito del Gatto Verde? Scappare". Sorride Jessica Rosval, chef del nuovo ristorante che entra a far parte della galassia dorata di Massimo Bottura. Dietro di lei arde il fuoco del forno a legna, il protagonista indiscusso della cucina all’aperto nell’ampia tenuta in cui si trova anche Casa Maria Luigia, il lussuoso b&b del patron dell’Osteria Francescana e della moglie Lara Gilmore. "Ho risposto scappare – spiega – perché qui si esce dalla città, ci si lascia andare, ci si ritrova in un nuovo mondo. Ci si rilassa, si sogna e si viaggia. C’è il fuoco, il fumo, ma come dice sempre Massimo questo è un ’not barbecue’: il barbecue non ci definisce. Ci sentiamo liberi di fare".
Domenica sera il Gatto Verde, l’atteso ristorante firmato Bottura, di cui non si sapeva ancora la collocazione, ha aperto le porte a pochi intimi per farsi conoscere. La scenografia, bellissima, è nota ai più: si accede dal secondo ingresso di Casa Maria Luigia e ci si ritrova in un grande parco. Una cucina all’aperto piena di giovani talenti dei fornelli brulica di vita e riscalda l’atmosfera: il fuoco nel grande forno a legna cattura subito gli occhi. Dietro il bancone c’è la ’sous chef’ di Jessica Rosval, la carpigiana Alessia Belladonna, che dopo essersi innamorata del gusto ha trovato qui, dietro casa, il mondo: "Ho iniziato quattro anni e mezzo fa. Cosa mi piace in particolare? Mi sto appassionando agli antipasti". A pochi passi svetta una grande acetaia, vero scrigno di tesori: ci sono botti che risalgono agli anni ’60 e misteriose alchimie di sapori. Può essere visitata da tutti i clienti, la porta è aperta.
Davanti al ristorante, impegnato in una conversazione serrata in inglese, c’è lui, Bottura, il creatore di questa ’fabbrica di cioccolato’ che, ormai ogni settimana, vede passare star internazionali senza che i modenesi se ne accorgano. Il suo feudo su via Emilia est è una bolla globale nella ’piccola città’.
Obbligatorio chiedere, in primis, come nasce il Gatto Verde. "Questo posto – racconta con il solito entusiasmo contagioso – è una diretta conseguenza del nostro lavoro a Casa Maria Luigia. Quando abbiamo aperto il b&b ho detto a Jessica Rosval: ’prepara ogni mattina una colazione come quelle del giorno di Natale’. E le colazioni di Jessica sono diventate un mito: non a caso Alain Ducasse le ha chiesto di fare lezione nel famoso hotel di Montecarlo. Poi la colazione è diventata un brunch aperto alla città, quindi un barbecue: un successo strepitoso. Non potevamo fermarci lì". E il nome? "Il gatto è la libertà, come scriviamo nel nostro biglietto di benvenuto: ’tutto è possibile quando il gatto si tinge di verde’. L’intuizione è nata grazie a una mostra di Emilio Mazzoli (il ’guru’ dei galleristi modenesi, ndr): esponeva opere di Mike Bidlo che simulavano quelle di grandi artisti come Pollock o Warhol e sotto un cartellino diceva ’not Pollock’, ’not Frank Stella’. In quel momento ho pensato: il nostro è un ’not barbecue’, siamo liberi di sperimentare. Tutto questo succedeva un anno e otto mesi fa". Il Gatto Verde era anche un famoso locale di Maranello. "E’ vero – spiega Bottura – Fu Piero Ferrari, durante uno dei nostri barbecue, a rievocare i pranzi con suo padre Enzo nel ristorante alla curva di San Venanzio. E lì convenimmo che quel nome era irresistibile". Al netto del ’tributo’, però, il verde nel nome non è certo casuale: "Il verde è nella testa, è la sostenibilità. Il mondo è completamente cambiato. Oggi una buccia di patata o una scorza d’arancia vale come un filetto di vitello. Emoziona di più. La nostra battaglia contro gli sprechi qui è portata al massimo. Non buttiamo neanche una briciola, come facevano le nostre nonne. Il forno è alimentato dalle potature degli alberi del parco, la nostra frutta è usata per le preparazioni. E la struttura è totalmente autonoma, con 80 kilowatt di pannelli, cisterne che recuperano l’acqua piovana per irrigare e altre che si scaldano col calore dei forni".
Arriva il momento clou, il ritorno all’origine: si mangia. "Questi fantastici piatti – spiega Bottura – sono stati studiati da Jessica, che arrivando dal Canada padroneggia il fuoco e il fumo. Nel menu c’è l’influenza dei viaggi, degli incontri. E ci sono soprattutto i prodotti del territorio, come la ricotta del caseificio Rosola che viene abbrustolita in forno a 400 gradi e ricoperta dal miele delle nostre api, o i ’grattini’ della tradizione cotti come fossero un risotto in un brodo di albicocche. Abbiamo ’Questa non una cozza’, ritratto dell’Adriatico con granchio blu, seppia, mazzancolle e capasanta. E un agnello ’alla Montreal’, morbido come burro".
