Ecco Serodine, "tizzone ardente" dell’arte

La mostra dedicata al pittore ’caravaggesco’, scomparso trentenne nel Seicento, fino al 26 giugno alla Galleria Estense

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Giovanni Serodine, artista di Roma morto trentenne nel 1630, è certo uno sconosciuto per il grande pubblico ed è invece ritenuto un artista interessante dagli studiosi. Un artista dalle importanti qualità, definibile come ’caravaggesco’ per il tipo di pittura ’del vero’ che segue quella rivoluzionaria di Caravaggio, attivo proprio tra fine ‘500 e il 1610. Non a caso proprio gli esperti ritengono interessante la mostra-dossier, composta da quattro dipinti che da oggi al 26 giugno ospita la Galleria Estense a palazzo dei musei. Al centro della scena, nella rassegna curata da Federico Fischetti ed Emanuela Daffra, c’è un quadro di collezione estense sulla quale ancora gli studi non avevano approfondito nonostante da oltre cent’anni sia attributo proprio a Serodine. E’ un Santo scrivente, opera frammentaria e in parte ridipinta che ora viene presentata dopo un lungo restauro di Cristina Lusvardi di Reggio Emilia supportato da approfondite indagini diagnostiche effettuate da Davide Bussolari di Campogalliano e Gianluca Poldi di Milano. L’opera nelle sale dell’Estense è affiancata a tre dipinti provenienti dalla storica Certosa di Pavia: una di esse è la copia antica proprio del dipinto estense, ne riproduce infatti l’aspetto originario e per la prima volta l’affianca in una mostra. Ecco dunque uno dei motivi per i quali gli studiosi vanno in sollucchero mentre il pubblico appassionato potrà ammirare da questo confronto la qualità pittorica del santo dall’aspetto monumentale nell’originale rispetto alla copia. Quest’ultima è accompagnata in mostra da altre due opere di identico formato provenienti dalla Certosa, attribuite a un secondo pittore caravaggesco, il milanese Giuseppe Vermiglio (1587 circa – dopo il 1635), raffiguranti un San Paolo Eremita e un San Giovanni Battista, parte di un ciclo di cui facevano parte altre tre opere ora disperse. "La nostra – spiegano i due curatori – è una mostra di ricerca, una tappa utilissima per gli studi su Serodine. Dopo il restauro, la diagnostica e l’esposizione realizzeremo proprio per questo un volume di studio relativo all’opera di collezione estense. L’autore è un artista di cultura un po’ estranea alla linea emiliano veneta che segue la raccolta di pittura della famiglia d’Este visto che qui i riferimenti sono alla grande lezione naturalistica di Caravaggio, caratteri che in Emilia attecchiscono poco nel ‘600". Secondo la direttrice Martina Bagnoli "qui al museo facciamo rassegne molto utili per il grande pubblico, ma non ci dimentichiamo neppure degli studiosi anche perché questi appuntamenti portano alla lunga i propri frutti. Giustamente Serodine è definito un tizzone ardente che brucia sotto la cenere e il suo catalogo, visti i pochi anni di vita, è ristretto". Infine la restauratrice svela una curiosità: "In alto a destra abbiamo individuato un pezzo di tela che era nella parte sottostante tagliata, nel lato del paesaggio a fianco delle gambe del santo".

Stefano Luppi