Modena, volevano rubare la salma di Enzo Ferrari. Caccia ai fiancheggiatori

I carabinieri di Nuoro indagano sugli appoggi locali dopo gli arresti dell’associazione a delinquere sarda

La cappella di San Cataldo dove giace Enzo Ferrari

La cappella di San Cataldo dove giace Enzo Ferrari

Modena, 29 marzo - 2017 - Diciamo la verità, il macabro ‘progetto Ferrari’ era solo un’appendice di attività criminali a trecentosessanta gradi (droga, armi, estorsioni) che in realtà con Modena non molto hanno a che fare. Una appendice, però, che gli uomini di Giovanni Antonio Mereu, detto Gianni, 47enne originario di Orgosolo, paesello di 4mila anime in provincia di Nuoro, e trapiantato a Traversetolo (Parma), ogni tanto riprendevano in mano, magari sorseggiando vino d’estate in Barbagia. Ne parlavano, probabilmente, come di quell’idea fruttuosa che il caso (ma in realtà dietro c’erano i carabinieri) aveva fatto saltare almeno due volte nel 2015, con tanto di sopralluoghi al cimitero monumentale di San Cataldo.

Volevano rubare la salma del Drake, di Enzo Ferrari, per poi ricattare la famiglia. Proprio come balordi avevano provato a fare nel 1979 con quella del figlio Dino, che accanto al padre oggi riposa. Stavolta però di balordi mica tanto stiamo parlando: coinvolta la direzione distrettuale antimafia, 34 ordinanze di custodia cautelare, 45 persone indagate, elicotteri dei carabinieri in volo, ieri, nel cielo sopra la Sardegna. C’è un’associazione a delinquere che in una mano impugna un kalashnikov e nell’altra marijuana dietro alla criminale idea balzana di entrare a San Cataldo e aprire la tomba del padre di tutte le Rosse. Ma hai voglia a sfogliare le duecento pagine dell’ordinanza firmata dal giudice cagliaritano Ermengarda Ferrarese: del caso Ferrari non c’è traccia. Zero. Sì perché di quel progetto modenese ‘rimasto lì’ che per l’associazione a delinquere di Orgosolo avrebbe fatto piovere soldi facili, le indagini sono ancora in corso e potrebbero riservare delle sorprese vere e proprie. Sappiamo che i carabinieri del comando provinciale di Nuoro, del capitano Gianluca Graziani, stanno ancora lavorando al caso e, soprattutto, stanno indagando su ‘fiancheggiatori’ emiliani (non necessariamente modenesi) che con l’associazione criminale finita a gambe all’aria ieri avevano dei contatti proprio per portare a termine il furto della salma del Drake. E dalle stringate notizie che da Nuoro giungono a Modena, pare che queste figure non siano criminali.

Potrebbe trattarsi di gente senza precedenti penali, che semplicemente sapeva dare indicazioni su come portare via la salma, come conservarla e, infine, era a conoscenza di possibili modalità per contattare i parenti del Drake, all’ovvio fine di un riscatto. Sappiamo anche che per due volte almeno alla fine del 2015 gli uomini di Mereu stavano andando a San Cataldo, ma che in un modo o nell’altro (vedi un banale controllo stradale attuato non casualmente) i carabinieri, che intanto indagavano sui restanti 259 gradi di attività losche dell’associazione, sono riusciti ad intervenire senza mettersi troppo in mostra. Come avrebbero agito? Essendo indagini in corso, difficile avere certezze: pare volessero scassinare la cancellata d’ingresso e quella della cappella dove il Drake giace. Sembra che fossero pronti a nascondere la salma in provincia, appoggiandosi sempre a quelle figure emiliane che erano pronte a contribuire al ‘progetto Ferrari’. Tra questi non pare esserci Marco Arzu, 33enne che ha vissuto a lungo a Montefiorino, ma che i domiciliari da ieri li sta scontando a Casalgrande, l’unico modenese d’adozione coinvolto per ora in questa faccenda. Difatti Arzu, autotrasportatore, si occupava d’altro, di AK 47 custoditi in casa per la precisione, come chiesto da Mereu. Peraltro il 33enne nel 2011, proprio a Montefiorino, fu arrestato perché nella sua Alfa Romeo i carabinieri trovarono otto Beretta e una 6.35 di fabbricazione svizzera.