C’erano gli scout, con le loro camicie, azzurre come questo cielo terso di inizio settembre. E c’era la ‘sua’ gente, dentro la ‘sua’ chiesa. Quella della Santissima Consolata, a Pontenuovo, troppo piccola per fare spazio ai tantissimi che hanno voluto salutare, per l’ultima volta, Paolo Levizzani, 60 anni, scomparso improvvisamente giovedi scorso. Una folla, si dice in questi casi a volte esagerando, ma a definirla tale, questa volta, non si esagera: gremita la chiesa, sotto le cui navate celebra Don Marco Ferrari insieme, tra gli altri, a parroci che alla Consolata e per la parrocchia della Consolata, come del resto Levizzani, hanno speso tempo e passione, ovvero Don Roberto Bondioli e Don Sergio Pellati. "Paolo era il collante della nostra grande famiglia", si è detto ricordandolo, e quanto grande fosse la famiglia che Levizzani, nel tempo, aveva raccolto attorno a se lo si è visto durante la liturgia. Commossa e composta, a tratti solenne. E partecipata, come sarebbe piaciuta a lui, professionista serio e meticoloso che lo scrupolo e il pragmatismo ricordato dai più sul lavoro aveva imparato a trasporlo anche nel suo impegno nel volontariato. Con gli scout, appunto, e in parrocchia, nel segno di una "condivisione delle passioni, ma anche dell’amicizia e dello spirito di servizio".
Tanti i ricordi affidati da amici, colleghi e familiari all’assemblea prima che il feretro raggiungesse il sagrato per l’ultimo abbraccio, tanta la commozione quando si è ricordato "un uomo con il quale abbiamo studiato, lavorato, condiviso, cantato, che parlava, parlava parlava, parlava e qualche volta ascoltava, con cui abbiamo anche discusso, e che adesso ci aspetterà sotto le sue amate montagne, con un sorriso e gli occhiali da sole, e qualche ovvio brontolio sul meteo". A ridosso del sagrato anche un pennone, costruito proprio domenica e smontato ieri sera dagli scout: alzabandiera all‘ingresso del feretro e ammainabandiera all‘uscita, come si fa all‘inizio e alla fine dei campi, e le tre dita degli scout alzate, in segno di saluto, mentre la bara sfila fuori dalla chiesa. Poi il tributo del coro parrocchiale ("il tuo posto è qui, poco dopo il leggio e dietro alle contralte, e qui resterà: andremo avanti nel tuo nome"), la presenza del Sindaco Gian Francesco Menani e dell’assessore Massimo Malagoli a rappresentare la città, e qualche applauso, sporadico, che ha rotto un silenzio che sapeva più di ‘arrivederci’ che di ‘addio’. Con quel ‘buona strada’ pronunciato a più riprese a ricordare, prima che l’uomo, la persona. Quella che, ha detto Francesco, uno dei quattro figli di Levizzani, "ha lavorato, studiato e si è impegnato perché voleva lasciare un mondo migliore di quello in cui era nato: quei campi che hai seminato con tanta passione e dedizione oggi crescono rigogliosi. Fai buon viaggio, papà, e grazie di tutto".
Stefano Fogliani