"Fuga dalla guerra, ogni rumore ci terrorizza"

La storia di Oxana, partita da San Felice per recuperare la figlia a Kherson: "Sotto le bombe per 43 giorni, per fortuna ora siamo in Italia"

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di Gianpaolo Annese

"Sono uscita dalla città dopo essere rimasta in trappola per 43 giorni. Ci siamo detti: qui non possiamo rimanere, se sopravviviamo bene, altrimenti vuol dire che quello era il nostro destino". Hanno affrontato a viso aperto il loro incubo e ora sono salve Oxana e la figlia di 15 anni, ucraine, al riparo a San Felice dopo essere fuggite dall’inferno di Kherson e aver attraversato mezza Europa: "Ciò che ho visto non riesco ancora a raccontarlo per intero", sussurra la donna, compagna di Claudio, titolare di una ditta nella Bassa modenese nella quale lei lavora come autista. "Ogni giorno per noi poteva essere l’ultimo – sospira Oxana – i russi potevano entrare nelle nostre case ogni minuto. Vivevamo chiusi senza poter far nulla, mio fratello invalido. Morire sotto i bombardamenti è terribile, ma c’è qualcosa forse di peggio: morire lentamente perché non sai cosa ti sta per succedere, sei in balia dei tuoi aguzzini che possono farti quello che vogliono. E’ una tortura. Ho visto una ragazzina di 15 anni, l’età di mia figlia, violentata per strada da un gruppo di soldati ubriachi, dopo essere stata strappata alla sua famiglia, il padre è stato ferito: sono immagini che mi porterò nella mia memoria per tutta la vita". Ma come mai si è ritrovata lì quando è cominciata la guerra? "Io ho in Ucraina mia figlia che studiava al liceo, ogni tanto ci vado. Avevo il biglietto aereo per il 22 febbraio, però in Ucraina già da gennaio si parlava dell’invasione russa. I primi di febbraio ho cominciato a guardare le tv russe con il satellitare in Italia che ovviamente dicevano che mai avrebbero attaccato l’Ucraina. Ho anticipato allora la partenza al 15. Il 24 febbraio poi è precipitato tutto". Oxana è rimasta in contatto attraverso una chat di Whatsapp con i cittadini della città che riferiscono delle angherie dei soldati di Putin: "Il sindaco ha detto che sul palazzo municipale sventolava la bandiera russa e che lui non poteva più entrare in ufficio".

La donna è riuscita a scappare il 6 aprile, alle sei del mattino, prima del coprifuoco: "Mi ha chiamata una famiglia che si trovava a Odessa, ci hanno detto che esisteva questo corridoio umanitario ma era pieno di posti di blocco russi. Nessuno poteva darci la sicurezza di sopravvivere. Ci siamo armati di coraggio e con mia figlia e i miei genitori ci siamo detti: andiamo incontro al nostro destino". Il viaggio attraverso Nicolaev e poi Odessa è durato 12 ore, di solito ce ne vogliono due. "C’erano tante auto come le nostre, a ogni metro di strada in più che percorrevamo la speranza cresceva". Una volta in Romania la famiglia ha avuto la certezza di avercela fatta: "Sabato 9 aprile siamo arrivati a San Felice. Adesso siamo qui con tutta la famiglia, stiamo cercando di riconquistare la normalità, ma ogni rumore ci fa paura. Progetti per il futuro? Dormire per una notte intera, senza svegliarmi per gli incubi".