
L’avvocata Elisa Fangareggi, presidente di un’associazione che fornisce consulenza legale gratuita. Ha raccolto lei la richiesta dei genitori pakistani
In sostanza mamma e papà hanno chiamato la fondazione, che offre consulenze legali gratuite per le famiglie di origine straniera, chiedendo alla stessa fondazione di fare da ‘apripista’ affinché anche a Modena le scuole accettino studentesse con il velo integrale. Proprio come accaduto a Monfalcone, dove è recentemente esplosa la polemica per l’uso del Niqab in un istituto superiore. Cinque studentesse, infatti, ogni giorno vengono identificate da una referente scolastica in una stanza a parte e poi fatte entrare in aula.
"Mi ha contattato lunedì una famiglia di religione islamica chiedendo un incontro per parlare della figlia di undici anni – spiega l’avvocata Fangareggi –. Al telefono non mi hanno anticipato il tema dell’incontro; mi hanno solo fatto presente di aver bisogno della fondazione, dal momento che offre assistenza legale gratuita per questioni civilistiche relative ai minori, al diritto di famiglia. Papà e mamma sono quindi arrivati nella nostra sede: lui indossava una maglietta a maniche corte mentre la moglie aveva soltanto gli occhi scoperti: sul volto aveva una mascherina nera e non per immunodepressi, per intenderci – spiega ancora l’avvocata –. Sapendo che assistiamo persone in contesti islamici, hanno pensato di trovare un appoggio nel fare da apripista a Modena affinché venga introdotto il Niqab nelle scuole medie e superiori. “Nessuna di queste richieste a Modena è stata esaudita, mi hanno detto. Ma a Monfalcone le ragazzine vengono identificate dai collaboratori scolastici al loro ingresso a scuola. In sostanza mi hanno chiesto un aiuto per ottenere lo stesso risultato".
Fangareggi sottolinea come la ragazzina, il prossimo anno, frequenterà la scuola media. «E’ già diventata donna – ha annunciato il papà, riferendosi al ciclo mestruale –, sta finendo le elementari e in vista dell’anno prossimo, visto che inizierà le medie, i ragazzini saranno più grandi e vorremmo tutelarla. Ci sono ragazzi anche di 13, 14 anni e vogliamo coprirla per non generare alcun tipo di attrazione. Io lì per lì non ero preparata, sono sincera – commenta l’avvocata–. Da me arrivano famiglie a cui sono stati tolti i figli e non mi aspettavo una simile richiesta. A quel punto ho fatto presente loro che una bambina di 11 anni non può stare completamente coperta scoperta a scuola, è col viso che si comunica; con le espressioni. Gli ho anche suggerito di tornare in Pakistan, se reputano le regole italiane non in linea con il loro pensiero. Sono stata attaccata sui social – conclude Fangareggi – poiché mi hanno accusato di non essere aperta al dialogo, ma con queste famiglie il dialogo non è possibile, comunicare non serve - afferma –. Secondo il loro pensiero, non era necessario che la figlia comunicasse: hanno sottolineato che andava a scuola solo perchè la scuola è obbligatoria. A quel punto ho pensato al futuro di questa ragazza, al probabile matrimonio concordato dopo la scuola dell’obbligo e mi sono preoccupata per le sue sorti: possiamo confrontarci certo sui vestiti tipici delle culture ma quello, il niqab, è un simbolo di sottomissione, silenzio, umiliazione. Ho pensato a tutti i disagi che avrebbe avuto in classe e i genitori mi hanno risposto: è lei che lo vuole”.
Fangareggi ha annunciato alla famiglia che non si sarebbe fatta portavoce della loro richiesta. “La mia sensazione è che presto vi saranno richieste da parte di un gruppo di persone: a Monfalcone sono in tre e dobbiamo essere di più, hanno affermato prima di andarsene”.