Modena, Gianluigi Lanza ferito da una fiocina. "Io, colpito per caso"

Il racconto del giornalista, arrivato da poco nella città dei Pico in treno: "Subito ero terrorizzato, ora sono esterrefatto"

Gianluigi Lanza, critico cinematografico di 53 anni

Gianluigi Lanza, critico cinematografico di 53 anni

Modena, 23 aprile 2019 - È Gianluigi Lanza, giornalista 53enne, uno dei più noti e stimati critici cinematografici della città (chi legge il nostro giornale ha avuto modo di conoscere la sua firma nelle pagine di cultura e spettacoli), quel passante scelto a caso e centrato da due fiocine alla schiena, sparate con un fucile da sub da una coppia di sconosciuti sabato sera in via Pico della Mirandola. Ben peggio di un film dell’orrore, che di solito racchiude, anche quando è ai minimi termini, un filo logico, una sorta di trama. Qui, però, di logico e razionale pare esserci ben poco, come emerge nella ricostruzione che proprio Lanza fa dell’incubo vissuto per puro caso una volta sceso dal treno arrivato da Bologna intorno alle 20 e 20 con l’intento di coltivare la sua passione: andare a vedere un film nel vicino cinema Victoria.

Lanza, torniamo a Porta Nord, sabato sera. Concluso il viaggio, due passi prima di raggiungere il cinema... «Sì, stavo camminando in direzione Victoria e avevo da poco contattato telefonicamente un conoscente con il quale mi sarei dovuto trovare per mangiare un boccone prima del film. Volevo fare anche un salto in libreria. Insomma, avevo tempo a disposizione, così alla fine mi sono fermato a guardare i prezzi proposti da una palestra che si trova in via Pico, mentre camminavo».

È successo lì in strada? «Già. Ho avuto la sensazione come di essere stato colpito da una pallina di gomma alla schiena e allora mi sono girato. Ho visto le due sagome, temevo volessero rapinarmi o qualcosa del genere. Quindi ho deciso di accelerare il passo e tornare verso Porta Nord, zona più illuminata dove se fosse successo qualcosa magari qualcuno avrebbe visto e mi avrebbe soccorso».

E in quel momento cosa è avvenuto? «Un altro colpo alla schiena, ma stavolta ho iniziato ad avvertire dolore. Ho visto uno dei due che si allontanava correndo verso il Victoria. Allungando la mano verso la schiena, ho sentito il metallo della fiocina conficcata. Poi, un altro colpo, identico e altrettanto doloroso. Ho visto in faccia l’altro dei due, che aveva il volto paonazzo e un cappellino multicolore. Poi anche lui si è allontanato».

Ha chiamato lei il 112? «Non ci sono riuscito, ero talmente agitato, spaventato, che non riuscivo a comporre il numero. Sono solo riuscito a chiamare il conoscente che avevo sentito prima e con lui sono andato al Policlinico».

Che idea si è fatto dell’accaduto, ritiene di aver rischiato la vita? «Sinceramente? Sì. Le fiocine si sono conficcate nella mia pelle solo per alcuni millimetri e alla fine i punti di sutura sono stati pochi. Le ho estratte io. Ma indossavo un giubbotto, un maglione, una camicia e una maglietta. In più sono robusto. Insomma, mi è andata bene».

Hanno detto qualcosa, quelle due persone? «Niente di niente, mi hanno colpito da una decina di metri, senza mezza parola. Poi ho saputo che hanno agito per quel motivo, per denunciare le condizioni della struttura dove si trovavano. Ho saputo che hanno chiamato loro le forze dell’ordine... Sono esterrefatto».

Torna in mente Torino, quel passante colpito perché felice. Si è sentito in un certo senso protagonista di una vicenda simile, accomunabile? «A mente fredda posso confermare. Volevano uccidere uno sconosciuto, il primo incontrato. Quello sconosciuto ero io, senza motivo alcuno».