
A destra Giulia Galiotto uccisa a 30 anni a sinistra la madre, Giovanna Ferrari
Modena, 1 marzo 2025 – Dalle interrogazioni parlamentari al ricorso: il caso Galiotto non è certo chiuso né la polemica si è esaurita.
“A inizio febbraio, non avendo avuto risposta, abbiamo ripresentato il ricorso contro la seconda notifica della cartella esattoriale. In questo modo sono stati bloccati i termini di pagamento” puntualizza la madre Giovanna Ferrari. Ma il punto, fa presente, non è la cifra in sè quanto una battaglia di principio. “Quello che a noi interessa è creare un precedente. Far si che queste situazioni vengano a galla perché tante persone, per problemi economici, rinunciano alle loro battaglie, ai loro diritti”.
Giovanna Ferrari, mamma di Giulia Galiotto, la 30enne di Sassuolo ammazzata a colpi di pietra dal marito nel 2009 torna sulla ricezione della tassa, quegli oltre seimila euro di imposte relative alla registrazione dell’ordinanza del giudice civile.
Sulla questione sono già state presentate due interrogazioni parlamentari, partendo dal fatto che la famiglia di Giulia ha percepito ad oggi una parte esigua del risarcimento disposto in sentenza (Il totale stabilito è pari a un milione e duecentomila euro).
“Voglio solo far presente che questa situazione capita anche a chi non ha risorse economiche per affrontarla. Ringrazio per la solidarietà l’Agenzia delle Entrate, così come i parlamentari e le istituzioni modenesi ma occorre arrivare a chiarire una situazione che è assurda: quella di imporre una tassazione sul credito e non sul percepito. La battaglia che porto avanti non è per un ritorno personale e voglio che questo sia chiaro – sottolinea Giovanna Ferrari –: non vorrei che ‘accontentata’ me la cosa finisse lì. La mia volontà è quella di portare all’attenzione un problema che va affrontato e risolto, che hanno anche famiglie con difficoltà economiche che, dopo immani tragedie, si trovano a rinunciare a quello che è un loro diritto.
Credo poi – continua – non sia giusto che debbano essere risarcite le famiglie delle vittime con fondi di solidarietà: a risarcire devono essere coloro che hanno compiuto il reato. Quindi il problema è alla base: va impedito che se la cavino così facilmente”.
L’assassino di Giulia, Marco Manzini, oggi è libero. Inizialmente la famiglia della vittima percepiva mensilmente un quinto dello stipendio dopo l’atto di precetto. Da giugno, però, Manzini risulta disoccupato.
“Chi commette reati deve tenere fede a quella che è una parte sostanziale della sentenza di condanna: il risarcimento. Sono commossa, toccata da questo atteggiamento di grande solidarietà e attenzione ma sono una tra le tante, che magari ha meno problemi rispetto ad altre famiglie che si trovano ad affrontare percorsi giudiziari con scarse possibilità economiche. Da quando è stata uccisa Giulia la mia battaglia è volta a far si che le famiglie che vivono questi drammi possano ottenere giustizia”.
Della questione la stessa Agenzia delle Entrate – pur difendendo il suo operato – ha interessato “il ministero della Giustizia al fine di verificare l’applicabilità, al caso concreto, dell’istituto della registrazione a debito, in base alla quale la parte danneggiata viene esonerata dal pagamento”.