Modena, 9 novembre 2024 – Le indagini partite da Bologna sul maxi giro dei Green pass falsi sono terminate. L’avviso di fine indagine firmato dalla pm Rossella Poggioli è stato infatti notificato ai 117 indagati – tra cui 9 modenesi (di cui tre originari di Sassuolo) –, accusati a vario titolo di falso ideologico in atto pubblico, truffa, simulazione di reato, accesso abusivo a un sistema informatico e corruzione. L’avviso, di solito, è il preludio alla richiesta di rinvio a giudizio.
Al centro della maxi inchiesta dei carabinieri della Compagnia di Molinella sono finiti un biologo di 59 anni e la sua ’collaboratrice’, una parrucchiera che gli avrebbe procurato gran parte dei clienti fornendogli i dati personali di amici e conoscenti interessati a ricevere la falsa attestazione del tampone.
Secondo l’accusa, il cinquantanovenne – difeso dall’avvocato Duccio Cerfogli – sfornava una media di più di duecento tamponi (o certificati di esecuzione del tampone) contraffatti al giorno, per decine di persone. Un business che fruttava diverse migliaia di euro in quanto, stando alle accuse, un risultato positivo al Covid 19, utile quindi a ottenere il Green pass senza sottoporsi al vaccino (perché chi era guarito dal virus raggiungeva comunque la copertura anticorpale), costava ben cento euro, mentre un risultato negativo viaggiava tra gli otto e i dieci euro. Nella rete dell’inchiesta sono finiti anche alcuni modenesi, residenti in vari comuni della provincia, tra cui Castelvetro, Marano, Maranello, Spilamberto, Carpi e Sassuolo.
Le indagini sono partite alla fine del 2021, nel pieno della pandemia da Coronavirus, con i primi vaccini, le ‘zone rosse’ e le quarantene: i militari notarono sui social le dichiarazioni di diversi ‘no vax’ bolognesi e di negazionisti del virus, che rivendicavano ai propri follower di non avere mai fatto vaccini né tantomeno di aver contratto il Covid. I carabinieri eseguirono allora una serie di controlli e scoprirono che tutti i soggetti in questione risultavano essere in possesso del Green pass. Quest’ultimo emesso, si è poi scoperto, dopo i tamponi (prima quelli positivi poi quelli negativi) eseguiti dal biologo, che collaborava con almeno tre distinti laboratori del territorio.
Al cinquantanovenne e alla sua ’collaboratrice’, oltre al falso in atto pubblico, sono contestati anche la corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio in concorso – in quanto si facevano pagare per i falsi certificati e successivamente si spartivano i soldi – e, solo al biologo, la simulazione di reato.
Quest’ultima accusa si riferisce a un episodio del febbraio 2022, quando il professionista denunciò ai carabinieri il furto di una borsa con all’interno agenda, documenti e tablet che avrebbero contenuto i dettagli della sua attività sui falsi tamponi, oltre ai nomi e ai riferimenti dei clienti. Per gli inquirenti il cinquantanovenne avrebbe architettato tutto temendo di essere indagato. Tra le 117 persone finite nel mirino della Procura ci sono anche gli ‘intermediari’, accusati di avere procurato i clienti pur senza sottoporsi mai direttamente ad alcun test rinofaringeo, e soprattutto decine di clienti.
Chiara Caravelli