«Ho finto un infarto, temevo mi ammazzasse»

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A QUASI 24 ore dal fattaccio, dopo una notte passata in bianco tra il pronto soccorso e i postumi emotivi della violenta rapina subita, l’imprenditore 77enne Leo Lucchini ieri pomeriggio ha accettato di ripercorrere l’intera vicenda proprio dalla scrivania che lo ha visto aggredito. Il suo ufficio di via Emilia ovest 133 è ancora sottosopra quando inizia a parlare, come se il pestaggio fosse appena terminato. E mentre racconta il «‘papà’ del Tre Stelle (così si autodefinisce)» a stento trattiene le lacrime.

Come sta commendatore?

«Per fortuna ho solo alcuni giorni di prognosi. Ma sono molto stanco, provato nei nervi da questa esperienza terribile. Ho dei lividi a un fianco, a un braccio e su una gamba, provocati dai calci del malvivente. In più dovrò fare dei lavaggi agli occhi, dove mi è stato spruzzato lo spray urticante. Non è un periodo facile per me dal punto di vista lavorativo, e questo episodio mi fa riflettere anche su altri aspetti della mia vita...».

Che idea si è fatto dell’aggressore? Pensa che l’abbia tenuta d’occhio aspettando che lei si trovasse da solo in ufficio?

«Non lo so. Tutti i miei dipendenti sono in ferie ed ero venuto in ufficio per sistemare con calma alcune cose. Quando sono entrato non ho reinserito l’allarme: la porta esterna era comunque chiusa. Invece quel delinquente l’ha forzata e mi è piombato in ufficio. Quando l’ho visto mi sono alzato dalla scrivania per chiedere chi fosse e lui mi ha risposto con un ceffone tremendo. Poi ho sentito lo spray negli occhi: dal bruciore temevo avesse usato dell’acido».

Ha reagito?

«Sì, mi è venuto istintivo. Ma è stato un errore. É stata l’umiliazione del ceffone a togliermi lucidità, cosa che in passato, quando fui rapinato in casa con una pistola puntata in faccia, non accadde. ‘Dammi tutti i soldi che hai!’, mi ha detto, ‘possibile che vuoi crepare per due spiccioli?’. Poi mi ha strappato 300 euro dalle tasche e il rolex dal polso, ma nella colluttazione dev’essergli caduto l’orologio, perché l’ho ritrovato a terra sotto una cartellina stamattina. Alla fine, prima che scappasse, ho finto di avere un infarto: non avevo scelta, avevo paura che mi ammazzasse di botte. Lui mi ha detto di chiamarmela da solo l’ambulanza, e se n’è andato. Era lucidissimo, non credo fosse drogato».

Lo ha visto bene in faccia?

«Sì, in foto lo riconoscerei. Era un energumeno di un metro e 90, sui 30-35 anni, caucasico e probabilmente straniero: parlava bene l’italiano, ma aveva un accento strano. Mi sono anche ritrovato la camicia macchiata di sangue, ma non avendo io ferite aperte, credo che quel sangue sia suo. Quindi i carabinieri avranno un elemento in più sui cui lavorare: il suo dna. Stavo giusto per andare in caserma per formalizzare la denuncia».

Valerio Gagliardelli