STEFANO MARCHETTI
Cronaca

I novant’anni di Beppe Zagaglia: "Dai luoghi del cuore agli amici. In queste foto tutto il mio mondo"

Il custode della modenesità domani spegnerà le candeline: "Ho visto la città dopo la guerra, oggi è molto curata ma rimpiango la sua gioia di vivere. Lascerò lo studio e il materiale al Comune" .

I novant’anni di Beppe Zagaglia: "Dai luoghi del cuore agli amici. In queste foto tutto il mio mondo"

I novant’anni di Beppe Zagaglia: "Dai luoghi del cuore agli amici. In queste foto tutto il mio mondo"

"Sai che non ci ho mai pensato?" Ai 90 anni, Beppe? "No, in generale non ho mai pensato ai compleanni, non ho mai fatto grandi feste: a casa una torta con una candelina insieme a mia moglie e a mia figlia, niente di più. Certo che 90 anni, a pensarci, mi sembrano una roba da pazzi..." Nel suo studio di via Cervetta, a due passi da piazza Grande, Beppe Zagaglia sistema alcune delle sue affascinanti fotografie e sfoglia alcune delle sue ‘ricerche’, fra cui quelli che chiama gli ‘sbabiozzi’, ovvero fotografie elaborate all’acquarello. Ma ci sono anche opere ancora del tutto inedite, come uno studio sui muri di Modena. "Questa è la mia vita", sorride Beppe che domani vedrà fiorire 90 primavere. E non le dimostra.

Beppe, quando hai iniziato a fotografare?

"In realtà sono partito negli anni ‘50 facendo dei filmini 8 mm: compravo le pellicole che costavano un occhio. Ma ero giovane e stupido: col senno di poi avrei potuto riprendere la Modena che stava cambiando, e invece immortalavo quello che non cambia mai, il Duomo, la Ghirlandina".

E hai continuato a farlo...

"Sì, perché in fondo sono i luoghi, le cose che tengo nel cuore. Con la foto vera e propria ho iniziato nel 1962 con alcuni ‘Paesaggi a strisce’, poi nel 1969 la serie sui ‘Bambini’ che continuo ad amare molto, anche perché la mia prima modella è stata mia figlia".

Ti ha mai attratto la fotografia come professione?

"All’inizio sì, avevo contatti anche con gallerie milanesi. Però poi ho compreso che avrei dovuto sacrificare cose importanti come la famiglia. C’era anche il negozio di tessuti da portare avanti. Ho abbandonato la foto professionistica e mi sono dedicato più agli scorci di casa: nel 1971 è uscito il mio primo libro, ‘Modena amore mio’. Da allora ho realizzato 80 libri. Ho conosciuto migliaia di personaggi, anche se ero di una timidezza incredibile e non sempre mi azzardavo a fotografarli".

Per esempio?

"Una volta al Policlinico mi trovai in ascensore con Enzo Ferrari e riuscii a dirgli solo ‘buongiorno’. Avrei voluto raccontargli che andavo alle feste e in vacanza con suo figlio Dino. Niente, non ho avuto coraggio".

Però la fotografia è sempre il primo amore...

"Sul mio biglietto da visita davanti c’è scritto ‘Beppe Zagaglia - Fotografo dilettante’".

E dietro?

"Dott. Beppe Zagaglia"

Già, perché poi ti sei laureato in Medicina...

"Sì, nel 1988, a 55 anni. Non so neppure perché a vent’anni mi fossi iscritto a quella facoltà, piuttosto che a Legge o a Lettere: è pur vero che tanti amici avevano scelto Medicina e sono poi diventati dei primari. Io sono rimasto iscritto per 35 anni, ho superato diversi esami, ho pagato sempre le tasse. Finché un bel giorno ho deciso che era arrivato il momento di concludere con la tesi. Ma non ho mai pensato di esercitare".

Modena è molto cambiata ai tuoi occhi?

"Beh, io l’ho vista dopo la guerra, era una città devastata. Oggi sicuramente è diversa, più curata. Non rimpiango tutto, se non quella ‘joie de vivre’ che c’era allora".

Beppe Zagaglia come definirebbe se stesso?

"Io mi ritengo una persona normale che vive in un mondo normale, ama la famiglia, la sua città, la fotografia. Una persona che – forse come tutti – ha qualche mania e insegue qualche idea. Non mi sento un grande artista, ma certamente, anche attraverso la foto, ho dato forma al mio mondo. Che spesso è un mondo di sogni".

E qual è il tuo sogno, adesso?

"Sto pensando a un libro che vorrei chiamare ‘L’ultimo zibaldone’: ci vorrei mettere dentro un po’ di racconti, di poesie, di foto. Intanto sto preparando un libro su Sandrone, uscirà a febbraio, e un video sulla cucina modenese".

In questo studio ci sono migliaia di foto e testimonianze. È un tesoro di storia e di memoria...

"Nelle mie volontà ho già disposto che lo studio venga donato al Comune. Chiedo soltanto che questo materiale non sia lasciato a prendere polvere in un deposito, ma che il mio studio possa magari essere ricostruito in una saletta di incontri culturali e di amicizia. Per me l’amicizia è sempre stata fondamentale: ho avuto tanti amici, anche se lungo la strada alcuni mi hanno deluso".

Ti ritieni un uomo fortunato?

"Sì, non credo di aver fatto nulla di eccezionale, non sono perfetto, però ho avuto la possibilità di conoscere, di viaggiare e di avere una vita bella. E soprattutto, io sono mio, e ringrazio per quello che ho avuto e ho potuto dare".