Il boss in lacrime: "Lo spray non era mio"

Strage di Corinaldo, interrogati gli imputati modenesi. Ugo Di Puorto piange in aula: "Ammetto i furti, ma non ho spruzzato peperoncino

Migration

Ha gridato la sua innocenza invitando il responsabile a farsi avanti, come se fosse stato seduto lì vicino a lui, poi è scoppiato a piangere portandosi le mani agli occhi per asciugarsi le lacrime. Così Ugo Di Puorto, considerato dalla Procura il boss della banda dello spray che ha agito a Corinaldo e accusato di aver spruzzato il peperoncino in discoteca nella notte maledetta, si è lasciato andare mentrre veniva sentito in aula sui fatti della Lanterna Azzurra. "Non ho spruzzato ma ero in discoteca – ha detto Di Puorto – Io sono molto religioso. Se avessi delle responsbilità non starei qui a dire queste cose perché sono morte sei persone quindi chi è stato si alzi in piedi e lo dica".

Nel corso dell’interrogatorio, davanti al giudice, ha più volte ripetuto anche la frase "se uno è un vero uomo direbbe le cose come stanno" e poi ha parlato di se stesso come "un uomo vero" che ha commesso tanti dei furti che gli sono stati contestati nel capo di imputazione, elencandoli e aggiungendo "ce ne sono anche altri che non vedo qui". Insomma il boss Di Puorto ha ammesso di essere un ladro sì ma non assassino di sei vittime indifese che per quella spruzzata della bomboletta, dove i carabinieri del Ris hanno isolato il suo dna estrapolato da una goccia di sudore proprio sul tasto, sono morte strappate alla vita dei loro cari. Di Puorto ha negato di aver concluso un furto quella sera a Corinaldo. L’intento c’era ma poi il ragazzo preso di mira si sarebbe accorto tanto che è nato un battibecco, vicino al bar. Il pianto e la parte della vittima, non sono piaciute agli avvocati delle parti civili che hanno assistito in diretta, in aula, alla sua deposizione.

Un altro imputato, Raffaele Mormone, ha chiesto di leggere una lettera inviata al gup dove si scusava per le condotte relative ai furti fatti nelle discoteche ma non gli è stato concesso. "Quella notte eravamo nella discoteca, ma non abbiamo usato noi lo spray al peperoncino". E’ in sostanza quanto hanno ribadito ieri mattina, davanti a gup del tribunale di Ancona, 4 dei 6 componenti della ‘banda modenese dello spray’, tutti presenti alla terza udienza del processo a loro carico con il rito abbreviato per la strage davanti al ‘Lanterna Azzurra Clubbing’ di Corinaldo, nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 2018, dove morirono schiacciati dalla calca cinque adolescenti e una giovane mamma. Si tratta dei modenesi (residenti tra la Bassa e Castelfranco) Ugo Di Puorto, ritenuto il capo della banda, Raffaele Mormone, Andrea Cavallari, Moez Akari, Souhaib Haddada e Badr Amouiyah: sono accusati di omicidio preterintenzionale, associazione a delinquere finalizzata a furti e rapine, lesioni personali gravi. Di Puorto ha ammesso di aver usato lo spray al peperoncino "in un’altra occasione, ma non quella notte", e che quello ritrovato all’interno del ‘Lanterna Azzurra Clubbing’, sul quale ci sarebbe la sua impronta, lo avrebbe portato Amouiyah. Quest’ultimo parla però di un complotto organizzato da Di Puorto e Mormone, mentre erano in carcere a Modena.