
"In un mondo destabilizzato da guerre e minacce bisogna essere pronti alla prova peggiore". Il generale Masiello: "Serve coraggio". Portolano: "I campi di battaglia non sono solo fisici".
"Un valore non si può postare. Un valore non ti fa crescere i follower". Guido Crosetto ha scelto il linguaggio della generazione Z per parlare ai futuri ufficiali dell’Accademia Militare. E dal palco del Novi Sad, davanti a Mattarella e a centinaia di famiglie, il ministro della Difesa ha lanciato ieri un messaggio che è andato ben oltre la retorica delle cerimonie militari. "Un valore è qualcosa che vivi dentro di te", ha scandito Crosetto fissando i giovani allievi schierati. "Non puoi farlo vedere agli altri se non con la vita, con le tue azioni. Ma non quelle che riprendi con un telefonino: quelle che fai quando nessuno ti guarda, con le decisioni che prendi da solo. E voi vi siete formati a questo".
Parole che hanno rotto gli schemi, in una mattinata dove ogni intervento dal palco ha alzato l’asticella del confronto con la realtà. Perché se Crosetto ha parlato di valori autentici contro la superficialità social, i vertici militari hanno dipinto scenari che fanno accapponare la pelle. "In un quadro geopolitico estremamente destabilizzato da guerre e minacce ibride, bisogna essere pronti anche per la prova peggiore, sperando che non arrivi mai". Il generale Carmine Masiello, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, non ha usato giri di parole. "Si affacciano fantasmi di un passato che pensavamo definitivamente archiviato", ha aggiunto, lasciando che il peso di quelle parole calasse sul parco silenzioso. E poi la stoccata ai futuri comandanti: "Chi sceglie la nostra vita deve sapere che ci sono regole da accettare, regole che rendono totalizzante il nostro impegno". Niente mezze misure nel mondo di Masiello: "Serve coraggio in ogni aspetto della vita. Disciplina, lealtà e spirito di sacrificio non sono opzioni, sono necessità".
Ma è stato il generale Luciano Portolano, numero uno della Difesa italiana, a portare gli allievi nel futuro che li aspetta. "Il campo di battaglia non è più solo fisico", ha spiegato con precisione chirurgica. "È anche virtuale e cognitivo. Un ambiente dove si attaccano le radici della psicologia collettiva, si destabilizzano i pilastri della convivenza democratica". Guerra ibrida, l’ha chiamata. Guerra delle informazioni, dei dati rubati, delle infrastrutture critiche sotto attacco. "Al caos tipico dei confronti militari si aggiunge la complessità delle reti, la dimensione robotica, l’intelligenza artificiale". Uno scenario da film di fantascienza che invece è già realtà. Eppure, in questo "gioco multimediale di continue mutazioni tecnologiche", Portolano ha voluto rassicurare: "Qualcosa rimane stabile. I valori della nostra istituzione". Gli stessi di cui parlava Crosetto, quelli che non finiscono su Instagram ma che salvano vite. Il ministro ha chiuso il cerchio con un’altra bordata generazionale: "Essere comandanti non significa avere potere su qualcuno, ma responsabilità di qualcuno". E rivolgendosi alla platea di genitori: "A questi ragazzi affidiamo il futuro dei nostri figli. Non sono solo giovani in divisa, sono le persone che dovranno proteggere questo Paese, le nostre istituzioni, la democrazia". Poi l’affondo finale, quello che distingue i militari da tutti gli altri: "A nessun civile sarà mai chiesto di spostarsi a migliaia di chilometri per difendere pace e libertà, rischiando di morire. A loro sì". Tre interventi, tre prospettive diverse ma convergenti. Crosetto sui valori nell’era digitale, Masiello sulla preparazione a scenari estremi, Portolano sulle nuove forme di guerra. Messaggi duri, necessari, che hanno trasformato una cerimonia tradizionale in una sorta di lezione di geopolitica applicata. Mentre gli allievi sfilavano in parata, perfetti nel loro passo cadenzato, era impossibile non pensare a quelle parole. Questi ragazzi poco più che ventenni, cresciuti tra stories e like, sono chiamati a prepararsi per sfide che i loro coetanei nemmeno immaginano. Con valori antichi e tecnologie del futuro, con la fierezza di chi sa che dovrà agire "quando nessuno guarda", come ha detto il ministro. Il Mak P 100 del 2025 passerà alla storia non solo per la presenza di Mattarella - la prima volta di una presidente della Repubblica -. Ma per aver detto chiaro e tondo a una generazione di futuri ufficiali che il mondo là fuori è più complesso e pericoloso di qualsiasi post su TikTok. E che loro dovranno essere pronti.
Paolo Tomassone