Una lunga telefonata, nella mattina di ieri, tra il ministro per il Made in Italy Adolfo Urso e il sindaco Gian Carlo Muzzarelli dopo l’sos lanciato proprio dal primo cittadino sul palco del Motor Valley Fest sulla necessità di difendere il marchio Modena. L’appello è stato immediatamente accolto e Urso ha chiamato personalmente Muzzarelli assicurando "il massimo sosteg no del Governo".
La vicenda è nota: l’azienda cinese Xiaomi ha intenzione di chiamare proprio ’Modena’ uno dei suoi bolidi, sfruttando una suggestione di casa nostra per far passare l’auto come italiana.
Tanto è bastato per far infuriare il sindaco che ha dato mandato ai legali del Comune di capire "cosa si può fare per evitare che il brand Modena venga sfruttato da qualcuno che non è nemmeno presente in Italia e non produce qui nel nostro territorio".
Il ministro Urso, ieri mattina, ha sottolineato che esiste una norma che può contrastare "le indicazioni fallaci, ovvero dell’uso di simboli o denominazioni italiane in prodotti realizzati in altri Paesi". Urso ha anche illustrato quanto introdotto dal nuovo regolamento europeo sulle indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali, che può consentire una maggiore tutela delle produzioni legate al modello della Motor Valley, "orgoglio dell’auto Made in Italy". Per questo, gli uffici del ministero hanno già effettuato una prima ricognizione su oltre duecento luoghi in Italia tipici per le loro produzioni, che possono rivendicare il riconoscimento di "indicazione geografica" previsto nel nuovo regolamento a tutela dei consumatori e dei produttori Ue.
Muzzarelli ha ringraziato il ministro, spiegando che "il Comune continuerà a vigilare affinché i diritti del territorio vengano salvagiardati", sollecitando nel contempo anche l’attenzione del governo sulla Maserati, alle prese con una crisi che ha più volte minacciato l’occupazione.
Il caso dei cinesi che usano la suggestione del marchio Modena per una loro auto, evocando i grandi marchi della Motor Valley, dalla Ferrari alla Maserati, non è altro che l’ennesimo capitolo dell’uso smodato dell’"italian sounding".