Il monastero recuperato si svela alla città

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IL TERREMOTO del 2012 rese inagibile il loro spazio più intimo: le celle, lo scrigno del riposo e della preghiera in una superficie di otto metri quadrati. Non solo, la scossa del 20 maggio danneggiò anche parte della struttura del convento e il portico del chiostro, giardino racchiuso all’interno dei muri di corso Fanti.

Ma ci vuole ben altro che un terremoto per togliere il sorriso alle monache di clausura del convento di Santa Chiara.

Per sette anni hanno dormito nelle stanze della foresteria aspettando che si compisse tutto l’iter burocratico per la ristrutturazione con i fondi statali: dal progetto all’approvazione di Regione e Soprintendenza fino al cantiere, durato due anni.

I lavori sono terminati alcuni mesi fa e ieri le clarisse, con il sorriso che le contraddistingue, hanno aperto le porte alla città per visite guidate nella loro casa ritrovata, ancora più bella, assieme al sindaco, il vescovo Castellucci, il Prefetto Paba, l’assessore regionale Palma Costi e a tutte le autorità intervenute per la conferenza stampa.

Il convento è un gioiello del ‘400 costruito, assieme alla chiesa, per volontà di Camilla Pio di Savoia che vi si ritirò come monaca nel 1500. La chiesa venne rifatta nell’800 ma il convento ha mantenuto la sua struttura originaria, su una superficie complessiva di quattromila metri quadrati dove vivono 8 suore di clausura.

Subito dopo il terremoto le ‘inquiline’ sono state accolte dalle sorelle a Correggio, dove sono rimaste per cinque mesi per poi tornare in corso Fanti e spostarsi nell’ala del convento ancora agibile.

La fase preliminare ai lavori è stata lunga e complessa ma anche l’intervento è stato sicuramente un cantiere non comune.

«Per due anni abbiamo lavorato in una comunità con requisiti particolari – ha spiegato Marco Balducci, progettista e direttore lavori – l’area del cantiere è stata nettamente divisa dall’area dove vivono le suore che avevano percorsi separati». Suore di clausura e muratori sotto lo stesso tetto, una convivenza decisamente anomala da cui è nata «una bella amicizia che ancora ci unisce» hanno detto le suore nel ringraziare gli operai commossi seduti in chiesa. Hanno ringraziato la Regione, che ha erogato la maggior parte dei finanziamenti, complessivamente 2 milioni di euro. Ed è stata finanziata anche la ristrutturazione della chiesa, in fase di progettazione.

Un grazie delle sorelle è andato anche alle «tante piccole e grandi donazioni che ci hanno permesso di eseguire ulteriori lavori che si erano resi necessari».

Le clarisse «sono l’anima della città – ha detto il vescovo Castellucci – in questo luogo si respira l’ossigeno».