Il Pd ‘rottama’ Renzi: «Ha sbagliato»

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C’È CHI LO CITA ma non lo ‘affonda’ e chi, al contrario, lo accusa, neppure troppo velatamente, di avere fatto una scissione incomprensibile. Ma c’è una cosa che mette d’accordo renziani della prima ora e (ormai ex) renziani ‘di riflesso’: la necessità di tenere unito il Pd, soprattutto adesso che c’è un governo da portare avanti e l’appuntamento delle regionali si avvicina. L’addio ufficiale di Renzi – tanto mormorato, a lungo smentito dal diretto interessato, poi ufficializzato – ha scatenato così una serie di commenti fiume, in particolare sui social. Boccia la ‘mossa’ dell’ex premier il sindaco Gian Carlo Muzzarelli: «Considero un errore l’uscita di Matteo Renzi, che del Pd è stato segretario. Non lo seguirò. Ora, come ha detto bene Zingaretti, pensiamo non alle scissioni, ma al futuro degli italiani». Sempre Muzzarelli annuncia: «Domani incontrerò il segretario del Pd a Roma insieme ai sindaci del Pd e del centrosinistra delle città capoluogo. Modena era, è e rimane la priorità mia e della mia squadra». Ammette il proprio disorientamento, l’assessore alla Cultura, e segretario cittadino del Pd, Andrea Bortolamasi: «Non capisco e non mi adeguo. Non rinnego le scelte fatte. Una continua scommessa personale sta svuotando, pezzo dopo pezzo, il Pd. Non farò mai parte di quelli che gioiscono per l’uscita di Renzi. Sento, a parti invertite – aggiunge Bortolamasi –, le stesse parole, di quando perdemmo nel 2017 un altro ex segretario, Bersani e parte del gruppo dirigente: mi sento, ora come allora, profondamente a disagio. A disagio, perché quando un compagno di strada, col quale hai fatto un pezzo di cammino assieme, esce, per me è sempre una sconfitta. Doppia, per me, avendo la responsabilità di esser segretario di quella comunità». Predica calma Francesca Maletti, esponente di spicco dell’area cattolica del partito ed ex presidente del consiglio comunale: «Guardiamo alla cosa per quello che è, senza isterismi e senza fare i professori del Risiko: l’uscita di Matteo Renzi altro non è che il primo frutto di un ritorno al proporzionale, e lo dico da convinta sostenitrice di un sistema maggioritario che al contrario premia le cose fatte a modo e il rapporto chiaro tra eletti ed elettori. Sono certa che l’uscita di Renzi dal Pd non cancelli ma paradossalmente rimetta al centro dell’agenda quello che deve essere l’unico obiettivo del Pd: tornare ad emozionare la gente. Tornare a proteggere le persone. E io scelgo di restare nella casa del Partito Democratico». Confida la sua delusione Stefano Rimini, ex consigliere comunale ora membro della Direzione regionale del Pd: «Grave errore. Con Renzi che se ne va, ora il partito ha due strade. O voltarsi indietro e guardate al passato e ai richiami nostalgici delle ideologie novecentesche, oppure finalmente creare un’identità radicalmente nuova. Sono sfide ben più interessanti dell’ennesimo partitino dello zerovirgola». Dello stesso tenore le parole di Giuseppe Boschini, tra i fondatori del Pd: «Matteo Renzi, e come lui Carlo Calenda, erano risorse enormi per il Partito democratico, a cui mancheranno, lasciandoci più poveri di complessità culturale, di rappresentanza di aree sociali e politiche. Spero che restino per il Pd interlocutori politici fondamentali, per me personalmente devono restarlo».

Vincenzo Malara