Il processo al Priore Eredità contesa, si cerca un accordo per evitare la condanna

Il giudice ieri ha rinviato l’udienza per dare il tempo alle parti di concludere una trattativa che potrebbe indurre la Curia a ritirare la querela. I quattro milioni sono ora sotto sequestro .

Il processo al Priore  Eredità contesa,  si cerca un accordo  per evitare la condanna

Il processo al Priore Eredità contesa, si cerca un accordo per evitare la condanna

di Valentina Reggiani

Nessun rinvio a giudizio, ieri, per gli imputati finiti a processo per l’appropriazione indebita di quelle somme uscite dai conti della ex parrocchia di San Pietro senza le necessarie autorizzazioni ecclesiastiche. Il procedimento, lo ricordiamo, scaturisce dall’inchiesta della guardia di finanza relativa ad un’ eredità da 4 milioni di euro lasciata alla parrocchia di San Pietro a Modena, ora accorpata a quella di San Francesco.

La procura ha chiesto il processo per il priore dei Benedettini, Stefano De Pascalis e per un collaboratore e tre professionisti del settore legale, due residenti a Ravenna (tra cui un ex notaio) e uno a Bologna (un avvocato). Uno di loro sarebbe anche titolare di una società con sede a Londra.

I cinque sono accusati a vario titolo di riciclaggio, autoriciclaggio e appropriazione indebita per aver gestito l’eredità - che una donna aveva lasciato alla parrocchia e non ai monaci - facendola confluire su più conti. Ma per gli indagati potrebbe non esserci alcun processo. Infatti, per verificare eventuali possibilità transative tra imputati e parte civile, ovvero la Curia - quindi le modalità di restituzione delle somme alla base dell’appropriazione indebita – l’udienza è stata rinviata a settembre.

Il rinvio della stessa è stato deciso ieri mattina in tribunale a Modena su istanza degli imputati per valutare la possibilità di giungere ad una transazione con la parte civile, appunto. Pare che gli imputati intendano sostenere la possibilità di riqualificazione del reato per quanto riguarda l’imputazione di riciclaggio e autoriciclaggio.

Se ciò avvenisse, ‘resterebbe in piedi’ la sola accusa di appropriazione indebita, che potrebbe essere ‘cancellata’ dal ritiro della querela nel caso in cui si giungesse appunto alla conclusione della trattativa extragiudiziale.

"Siamo ottimisti su una soluzione che possa accontentare tutte le parti in gioco – afferma l’avvocato del Priore, Nicola Termanini – Il giudice ha rinviato all’udienza di settembre proprio per lasciare il tempo di raggiungere un accordo, ma le modalità devono ancora essere decise".

I legali del religioso avevano sottolineato che il priore aveva agito in totale buona fede e solo per assicurarsi che il lascito rimanesse vincolato alle mura della chiesa, affidandosi ai professionisti con i quali è finito poi sul registro degli indagati.

In particolare, secondo le indagini della finanza, nel 2013 il conto di San Pietro era stato ‘svuotato’ e trasferito in una banca di Bolzano su un conto intestato alla parrocchia; un’operazione fatta però senza informare la Curia e l’ordine monastico.

Negli anni l’ex parroco aveva poi – secondo gli accertamenti - trasferito più o meno la stessa somma in un altro conto aperto nello stesso istituto di credito di Bolzano intestato però all’Abbazia dei Padri Benedettini. L’iniziativa finita nel mirino dei militari delle Fiamme gialle era in particolare quella effettuata nel 2020, quando il prelato aveva costituito presso una banca di Modena un trust con scopi generici dove, dopo avere pagato con ‘parcelle’ fino a 100mila euro i suoi collaboratori indagati, aveva poi traslocato le ingenti somme ora sotto sequestro.