Il punto è come sempre la misura

Migration

Alessia

Cadamuro*

La riapertura delle scuole ha riacceso il dibattito sull’uso, spesso smodato, che i ragazzi fanno degli smartphone. Alcuni istituti ne hanno vietato l’ingresso (non solo l’utilizzo) in classe. In molti si chiedono se questa misura rappresenti un divieto anacronistico o l’unica possibilità per riportare l’apprendimento e le relazioni al centro del processo educativo. I dati che emergono dalla letteratura scientifica non sono univoci: un abuso di smartphone può portare a cali di attenzione e concentrazione con ripercussioni sul rendimento scolastico, d’altra parte può stimolare metodi didattici coinvolgenti, interattivi e innovativi. Il punto allora è, come sempre, la misura: uno stesso strumento può risultare dannoso se utilizzato in maniera incontrollata, ma portare benefici nel processo di apprendimento se regolato da adulti competenti. E qui pare doverosa una riflessione più generale sul rapporto che la nostra società ha con le nuove tecnologie. Possiamo dire che gli adulti facciano un uso adeguato degli smartphone? Sempre più spesso vengono riportati casi di nomofobia, cioè di angoscia da disconnessione che può provocare effetti simili a un attacco di panico, come sudorazione, vertigini, mancanza di respiro, tremori e forte agitazione. Le nuove generazioni sono esposte continuamente a modelli educativi che dimostrano la dipendenza da questi strumenti. Vietare di portare lo smartphone in classe potrebbe dunque tradursi in un messaggio contradditorio: viene chiesto loro di fare qualcosa che gli adulti non sono in grado di fare e in aggiunta, in alcuni momenti, vene chiesto loro di utilizzarli per accedere ad App e contenuti multimediali utili ai fini dell’apprendimento. Credo che il problema possa essere affrontato proponendo corsi di educazione digitale sia alle nuove generazioni che agli adulti per ritrovare una modalità di utilizzo più adeguata di questi strumenti che sono ormai imprescindibili nella nostra società.

*Docente Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione Unimore