’Il riso è vita’: la storia di Formiggini Il geniale editore che contestò il duce

Nel libro ’Il fuoruscito’ Marco Ventura ricostruisce l’amara parabola del modenese che si gettò dalla Ghirlandina .

’Il riso è vita’: la storia di Formiggini  Il geniale editore che contestò il duce

’Il riso è vita’: la storia di Formiggini Il geniale editore che contestò il duce

di Roberto Barbolini

’Dimmi di che cosa ridi e ti dirò chi sei’ sosteneva Angelo Fortunato Formiggini, facendo campeggiare nel motto della sua casa editrice la scritta in latino ’Risus quoque vitast’, ’anche il riso è vita’. Rampollo di un’agiata famiglia della borghesia ebraica modenese, Formiggini era nato il 21 giugno 1878 nella villa di famiglia a Collegara, alle porte di Modena. La sua vita avrebbe potuto snodarsi come quella di tanti possidenti dell’epoca. Invece Angelo Fortunato, Nino per gli amici, dopo un’erudita tesi su ’La donna nella Thorà in raffronto col Mânava-Dharma-Śâstra’, fu (parole sue) ’distratto da una gran voglia di ridere, contratta per contagio dall’ambiente giornalistico modenese’, pullulante di riviste umoristiche. Periodici come ’Il Marchese Colombi’ e soprattutto ’Il Duca Borso’, nato in una sera d’inverno al Caffè Nazionale dall’incontro di Formiggini con il caricaturista Umberto Tirelli. "Attorno ai due si forma un gruppo di amici nel segno della goliardia colta (…) Nasce così l’Accademia del Fiasco, (…) per incoraggiare e seguire ’ogni idea, in qualunque campo appaia, che abbia una speciale inclinazione per fiascheggiare’" scrive Marco Ventura nell’appassionato e documentatissimo profilo biografico intitolato ’Il fuoruscito - Storia di Formiggini, l’editore suicida contro le leggi razziali di Mussolini’, appena edito da Piemme (304 pagine, € 19,50) con una convinta prefazione di Aldo Cazzullo. Ventura ricostruisce passo dopo passo la vicenda umana ed editoriale di Formiggini, alternando efficacemente capitoli in terza persona e capitoli in corsivo dove immagina che sia la voce stessa dell’editore a rievocare la sua amara parabola esistenziale, mentre nella brumosa mattina del 29 novembre 1938 sale le scale strette e tortuose della Ghirlandina per mettere in atto la sua accorata protesta contro il regime.

Ne viene fuori una ricostruzione mossa e avvincente, che mescola il taglio storico al piglio romanzesco, senza per questo perdere di attendibilità. Anzi: capace di dare il giusto rilievo, accanto al protagonista, alla moglie Emilia Santamaria, pedagogista e attivista sociale che fu suo inesausto braccio destro in campo editoriale. Attorno a loro, Ventura disegna un ricco affresco storico: dalla Modena goliardica e ridanciana del giovane Formiggini al periodo genovese, al definitivo approdo dell’editore nella Roma mussoliniana, in un vulcanico fiorire di iniziative: dai ’Profili’ dei grandi della cultura italiana ai memorabili ’Classici del ridere’, i capolavori dell’umorismo mondiale che Formiggini considerava ’er mejo fico der mio bigonzo’; dal mensile d’informazione libraria ’L’Italia che scrive’ (in acronimo ICS) alle ’Cartoline parlanti’, con fotografie dei protagonisti della cultura accompagnate da una massima. Il tutto sempre pagando di persona, sia dal punto di vista economico che sociale. Come quando la Fondazione Leonardo da lui creata gli fu strappata, anche con la calunnia, dalla cerchia di Giovanni Gentile, filosofo ufficiale del regime nonché Ministro della pubblica istruzione, satireggiato poi da Formiggini nella ’Ficozza filosofica del fascismo e la marcia sulla Leonardo’, ’libro edificante e sollazzevole’ scritto in dialetto romanesco. Uno dei meriti del ’Fuoruscito’, sottolinea Cazzullo nella prefazione, sta proprio nel ribadire che Formiggini non fu mai filofascista: "è critico fin dall’inizio, nei limiti in cui è possibile essere critici sotto un regime, e il suo coraggio renderà sempre più difficile il suo lavoro di editore e di umorista; del resto umorismo e fascismo sono incompatibili". Per ogni autocrazia, politica o religiosa che sia, l’uomo che ride è un oltraggio inconcepibile. Viene in mente la parabola truculenta del comico afghano Khasha Zwan, morto sghignazzando eroicamente in faccia ai talebani suoi carnefici. Formiggini si congedò volando dalla torre, dopo aver fatto al duce il gesto dell’ombrello. "Perché salvin l’ICS mi vado a far ’frix’" aveva scritto, fedele fino alla fine al suo motto: ’Anche il riso è vita’.