
Su un cartello rosso, posizionato vicino al palco in Piazza Grande, le parole di Jacques Lacan sembrano racchiudere in poche righe uno dei significati più profondi di questo festival: "Il linguaggio, prima di significare qualcosa, significa per qualcuno".
Così, sotto il tiepido sole di settembre, professori, filosofi, maestri accarezzano le parole per raggiungere menti e anime in ascolto: lo confermano gli sguardi attenti di chi, anche ieri, ha scelto di trascorrere la propria giornata tra le piazze di Modena, Carpi, Sassuolo, per raccogliere nuovi stimoli e seminare, insieme, nuovi "germogli di cultura, di vita, di dialogo".
Ed è proprio sulla ’parola’, infatti, che il festival invita a riflettere quest’anno, per indagare tutte le sue molteplici sfumature e dare vita a un confronto ricco di voci. "La parola è ciò che ci contraddistingue, la cosa più nobile, bella. Non è uno spazio, è un abisso – spiega il filologo Ivano Dionigi, che ieri in Piazza Grande ha tenuto la sua lectio dal titolo ’Formidabile parola’ –, ma oggi rischia di essere ridotta a slogan, a merce. È paradossale, perché nonostante oggi possiamo avere più strumenti di comunicazione, rischiamo di capirci meno tra di noi e aumentano i problemi, impoveriamo la lingua: semplifichiamo troppo. Oggi i cittadini del linguaggio rischiano di essere mandati in esilio da i padroni della parola. Agostino lo diceva: dovremmo essere eloquentes, parlare in maniera etica e veritiera. Schierare il ben pensare a fianco del ben dire. E invece spesso si blatera, rimanendo così ’muti’".
Non solo. "Spesso adottiamo delle parole che al posto di trasmettere la verità la camuffano – continua Dionigi –. Ai giovani non viene detto che c’è un problema di disoccupazione, ma di flessibilità del lavoro". Il filologo fa un ulteriore esempio: "Pensiamo a quando dicono a un ragazzo di adattarsi perché è la legge di mercato: ma dare cinque, sei, sette euro è sfruttamento. Invece che svelare il volto della verità, lo velano".
La parola, infatti, "non è una questione fonica. Il pensiero abita la parola. E questo è formidabile". E così i pensieri si incontrano, si incrociano, si mescolano, si moltiplicano tra le strade, in una tre giorni che fa della parola la vera e propria protagonista. Tra gli incontri più seguiti anche quello con Tim Ingold che ieri a Carpi, nel suo intervento ’Scrivere. L’artigianato delle linee’, ha parlato dei processi dei disegni nell’arte della scrittura
"Siamo parte di una comunità" ha invece sottolineato Andrea Moro, che ieri, durante la sua lectio, ha mostrato come la capacità ricombinatoria del linguaggio sia espressione del cervello, e come questo sia un fattore rilevante per comprendere non solo l’evoluzione, ma la realtà stessa. "E proprio come una comunità, ognuno di noi aggiunge un pezzo, un quadro. Siamo un gruppo. Qualcuno voleva immaginare le lingue come dei sfotware liberi nel nostro cervello, ma è il contrario. Il nostro cervello non è mai inerme, ma fonte di produzione".
Punta sull’oralità e sulla socialità, sulle emozioni nella trasmissione del sapere Françoise Waquet, direttrice di ricerca emerita presso il Centre national de la recherche scientifique di Parigi. "A volte, quando dialoghiamo con una persona dal vivo, si scambiano idee e si entra in contatto, a fine conversazione ci sembra come di aver letto migliaia di libri. Stefano Guazza, nel lontano 1500, sottolineava come sarebbe importante, dopo aver letto un libro che non ci risulta del tutto chiaro, poter incontrare l’autore e chiarirsi le idee. Questo perché le interazioni, il dialogo, ma anche le espressioni del viso che si osservano nell’altra persona quando ci si parla, riescono a dare vita a qualcosa di unico".